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LE NEVI DEL KILIMANGIARO
Recensione

recensione di F. Tiberi
La 64/a edizione del Festival di Cannes è stata particolarmente prolifica e tra i film notevoli che sono stati presentati Le Nevi del Kilimangiaro è sicuramente un gioiellino. Michel (Jean-Pierre Darroussin) ha appena perso il lavoro per un atto da lui considerato di equità sociale e vive felicemente insieme alla moglie Marie-Claire (Ariane Ascaride), circondato dall'affetto dei figli e degli amici più cari. Dopo anni di lavoro e di impegno politico come sindacalista, Michel può godersi il meritato riposo. L'armonia si spezza quando una sera, due uomini incappucciati, irrompono durante una partita di carte a casa di Michel e Marie-Claire, terrorizzando i loro ospiti Raoul (Gérard Meylan) e Denise (Maryline Canto), e rubando tutti i soldi che trovano in casa. Allo shock della rapina, si aggiunge la scoperta del fatto che il rapinatore è un ex collega di Michel. Ispirato alla poesia Les paure gens di Victor Hugo, questo ultimo film di Guédiguian riesce ad equilibrare in modo perfetto la parte poetica e cinematografica con l'argomentazione politica che affronta. Il regista marsigliese è tornato nel suo quartiere d'origine, l'Estaque, per fare il punto della situazione sociale, mettendo in scena il contrasto fra la generazione di Michel e quella successiva, in un periodo in cui esperti politici e sindacali hanno rilevato che siamo di fronte ad un arretramento, poiché è la prima volta nella storia che i figli rischiano di vivere peggio dei propri genitori. Il confronto generazionale si estende anche ad un'altra categoria di figli, quelli legittimi di Michel e Marie-Claire, che al contrario del giovane ex collega del padre, hanno perso la capacità di indignarsi e in un periodo di difficoltà preferiscono stare al caldo, per non perdere quel poco che hanno raggiunto. I veri figli non saranno in grado di comprendere la scelta che faranno i loro genitori, a metà strada tra il concetto di coraggio che Jean Jaurès esprime nel discorso ai giovani di Albi e la poesia di Victor Hugo, il cui finale è reso in maniera meravigliosa dalla macchina da presa. Una fotografia calda e serena, incorniciata dal mare e dal sole marsigliese, e un'interpretazione favolosa dei due protagonisti Ascaride e Darroussin, fanno di questo film un quadro imperdibile e attualissimo della nostra società. (recensione di Francesca Tiberi)




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