recensione di M. Nottoli
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recensione La sorgente dell'amore] - Seguaci del credo di Adriano Celentano e Claudia Mori, chi non lavora non fa l'amore. O meglio, secondo la declinazione data da Radu Mihaileanu, chi non va a prendere l'acqua non fa l'amore. In una zona indefinita tra il Magreb e il Medioriente ma che potrebbe essere in qualunque altro posto dove ci sono una sorgente e dei cuori aridi, esiste un villaggio immerso in una vallata arsa dal sole dove per tradizione le donne si inerpicano su per la collina, bastone in spalla e due secchi appesi all'estremità, per andare a prendere l'acqua che sgorga dalla fonte. E mentre nel scendere s'ammazzano ruzzolando giù per il sentiero e ammazzando così facendo anche orde di nascituri che si portano in grembo, gli uomini che fanno? Se ne stanno a bighellonare sotto la veranda sorseggiando tè. Per cui, sciopero! Le donne si negheranno ai loro doveri coniugali e i mariti in fregola per tutta risposta cominceranno a suonarle come pelli di tamburo. Ma grazie alla tenacia di una di loro su tutte, riusciranno ad emanciparsi e a far valere le proprie ragioni. Ispirato alla Lisistrata di Aristofane, "La sorgente dell'amore" si configura, fin dal primo cartello, come una favola d'ordine morale sull'idea dell'amore romantico, sulla libertà di pensiero, sull'uguaglianza e il rispetto fra i sessi. Proto-femminismo in ritardo di 40 anni se non fosse tornato proprio ora di stringente attualità, dopo che la farfallina di Belen a San Remo ha aperto il dibattito: meglio la ministra Elsa Fornero o Belen Rodriguez? Una favoletta alla Chocolat che come Chocolat avrebbe potuto risolversi efficacemente in quattro e quattr'otto assumendo una dimensione più metaforica, onirica e astratta, invece di impantanarsi in una trama farraginosa, inspiegabilmente troppo lunga rispetto al messaggio che vuole trasmettere, divisa tra un vano realismo di denuncia sociale sulla drammatica condizione della donna nei paesi islamici (scambiando una immane tragedia per una farsa all'acqua di rose) e le stereotipizzazioni tipiche dell' "exemplum", sotto i colpi del quale la vicenda assume connotati grotteschi e inverosimili, culminanti in un happy end tanto pacchiano da evadere i normali limiti della decenza. Il regista ha dichiarato di aver voluto raccontare una storia che avesse una specificità geografica e allo stesso tempo una valenza universale, ed è proprio qui che maggiormente fallisce. Mihaileanu scrive e dirige in maniera piatta un racconto che avanza ondivago e disordinato, senza tensioni e senza sussulti, difetti in parte riscontrabili già nella precedente opera del regista, il sopravvalutatissimo "Il concerto". Salviamo la bellissima Leila Bekhti e i primi 5 minuti di film dove l'acqua che scaturisce in una pietraia deserta ,rende palese anche a noi che l'acqua la diamo per scontata, almeno fino a quando non la privatizzeranno sul serio, il legame inestricabile tra acqua e vita. (La recensione del film "
La sorgente dell'amore" è di
Mirko Nottoli)
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