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LA CHIAVE DI SARA -
RECENSIONE
La Chiave di Sara recensione
Recensione

recensione la chiave di sara
Gilles Paquet-Brenner, regista del film "La chiave di Sara" (titolo originale: "Elle s'appelait Sarah"), legge il libro di Tatiana de Rosnay "La chiave di Sarah" e viene letteralmente posseduto dall'intreccio avvincente dell'opera e dallo sguardo con cui la de Rosnay sa scrutare i fatti storici della shoah francese del 1942 in un parallelismo assai convincente con la nostra contemporaneità. Gilles Paquet-Brenner decide, quindi, di portare sul grande schermo tutto ciò che è successo nel rastrellamento di 13.000 ebrei al Velodromo d'inverno a Parigi, e con l'eccidio dei campi di concentramento del Loiret. Il film si snoda su due storie di vita parallele, in cui le vicissitudini di Julia (Kristin Scott-Thomas) e della sua famiglia e la storia della vita di Sara (Mélusine Mayance) pare non siano proprio indipendenti, ma legate da qualcosa accaduto in quel passato del 1942. In una Parigi di oggi, Julia Jarmond, giornalista americana che vive in Francia da vent'anni, sta facendo un'inchiesta sui fatti luttuosi del Vélodrome d'Hiver, luogo dove vennero deportati migliaia di ebrei francesi, arrestati dalle stesse forze dell'ordine francesi, prima di essere spediti verso i campi di concentramento. Julia, lavorando alla ricostruzione dei fatti storici, scopre l'esistenza di Sara, che nel luglio 1942 aveva solo dieci anni. La storia, man mano che l'inchiesta si sviluppa, assume sempre più una valenza personale per Julia, fino a incidere sulla propria vita affettiva, alla fine facendo emergere circostanze equivoche in cui si trova coinvolta la stessa famiglia del marito della giornalista americana. "La chiave di Sara" ripercorre la tremenda colpa delle forze dell'ordine francesi, che nel luglio del 1942 mandarono al macello migliaia di ebrei francesi, colpa per la quale il presidente francese Jacques Chirac nel 1995, in occasione della commemorazione del Vélodrome d'Hiver, chiese pubblicamente scusa per il ruolo di collaborazionismo con i nazisti delle allora forze dell'ordine francesi. L'argomento di questo tremendo misfatto compiuto dagli stessi francesi verso i propri connazionali era stato già affrontato dalla regista Roselyne Bosch, nel film "Vento di primavera". Gilles Paquet-Brenner sullo stesso fatto storico offre diversi spunti di riflessioni che si alternano tra il carattere storico della vicenda, la brutalità e l'animalità della natura umana che trova purtroppo sfogo in una dimensione sociale che in certi momenti della storia dell'uomo legittima atrocità perpetrate da comportamenti vigliacchi. Ben diretto, il film "La chiave di Sara" poggia su una struttura narrativa solida e ben articolata che racconta l'Olocausto con una certa singolarità ed originalità. La fotografia di Pascal Ridao coglie momenti di umanità vera, come nella scena che ritrae Sara e l'amichetta che si bagnano nelle acque di un fiumiciattolo, estasiate, quasi in trance. L'interpretazione di Kristin Scott-Thomas nella parte di Julia è perfetta. Non ha avuto torto il regista del film a volerle assegnare a tutti i costi la parte di Julia perché sicuro che la Scott-Thomas l'avrebbe calzata a pennello, come d'altronde ha fatto, senza mai smentirsi con cadute di tono. (La recensione del film "La chiave di Sara" è di Rosalinda Gaudiano)
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