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recensione L'arrivo di Wang] - Non accade facilmente che un film made in Italy stupisca per la sua diserzione dell'orizzonte di attesa. Siamo abituati tutt'al più a sdegnarci per un tronista prestato al dramma, per un eccesso di retorica buonista, per la performance stonata di un nome affermato. Capita raramente di sorprendersi perché un film devia in tutto e per tutto dai canoni granitici del cinema nostrano, tutto pane, commedia e amarcord. Succede proprio questo, invece, vedendo "L'arrivo di Wang", intrepida personalizzazione della science fiction firmata dai romani Marco e Antonio Manetti. A parte l'insolita frequentazione del genere, snobbato dalla nostra cinematografica anche negli anni in cui si andava a caccia di etichette, la pellicola dei fratelli Manetti è una rivelazione per la disinvoltura con cui riesce a sposare un discorso futuristico e vagamente inquietante sugli incontri interstellari, alla riflessione (sottesa ma comunque rilevata) sulle difficoltà di integrarsi con il "diverso", nervo scoperto dell'Italia negli ultimi vent'anni. Un plauso va anche agli interpreti: la poco nota ma pur brava Francesca Cuttica, alle prese con una traduttrice dal cinese all'italiano ingaggiata per decifrare il dialogo tra un misterioso agente dei servizi segreti e l'alieno Wang, sulla cui presenza-assenza si fonda tutta la suspense del film. E l'evergreen Ennio Fantastichini, nei panni del losco agente Curti, il cui confronto con Wang è alonato dall'incertezza sulle reali intenzioni di entrambi. Atmosfere poliziesche, lettura ironica e irriverente del genere fantasy e inclinazione al truffaldino tipica dei cattivi italiani si mescolano in quella che è una vera e propria prova d'autore. Qualcuno storcerà il naso davanti alla povertà delle scene, alle ingenuità narrative del plot, alla scelta di cavalcare un filone che poco c'entra con la tradizione del nostro cinema. Ma un humus succoso alla base del film c'è: è l'indubbia passione per il mestiere rivelata dal duo registico, che non teme diffidenza e malelingue e si lancia nel suo progetto con la verve e il coraggio delle prime imprese. Alla cabina di regia e all'emblematico personaggio di Wang, che tra una risata e una citazione smaschera i toni da Torquemada dell'italiano medio-Curti, va tutta la nostra stima. (La recensione del film "
L'arrivo di Wang" è di
Elisa Lorenzini)
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