L'ALBA DEL PIANETA DELLE SCIMMIE
Recensione
di Mirko Nottoli
Un po' Link, un po' Monkey Shines, un po' il recente e sottovalutato, Splice, L'alba del pianeta delle scimmie racconta di come un giovane scienziato (un James Franco meno accartocciato del solito) per salvare il padre ammalato di Alzheimer (un ritrovato John Lithgow) compie esperimenti sul cervello di una scimmia e come questa, acquisite doti straordinarie di apprendimento, prende coscienza della propria condizione di schiavitù, guida alla rivolta altri primati nel suo stesso stato e dopo una dura lotta contro gli oppressori, raggiunge la libertà. Interpretazioni sociologiche e metafore antirazziste evidenti si sprecano in questa pellicola firmata dal semi-esordiente Rupert Wyatt che vorrebbe porsi come antefatto del celebre film del 1968 con Charlton Heston, citato apertamente nel caso qualcuno non se ne fosse accorto. Ma citazione a parte, col modello, ha ben pochi punti in comune. Avrebbe potuto essere un film fantascientifico, drammatico, apocalittico, alla fine si rivela poco più di un blockbuster d'azione, dai grandi effetti speciali, che alterna a sequenze sinceramente toccanti (la scimmia che rinchiusa in gabbia traccia sul muro la finestra di casa attraverso cui vedeva fuori) alcune cadute di tono che suscitano ilarità laddove si pretende pathos (la scimmia a cavallo che si lancia contro le linee nemiche col pugno alzato in aria). Il vero problema è che se le scimmie ricreate al computer possono raggiungere esiti sorprendenti in fatto di realismo e verosimiglianza, l'eccessiva antropomorfizzazione delle stesse, frutto di una lettura facilona e banalizzante che misura il grado d'intelligenza animale in proporzione a quanto gli animali assomiglino all'essere umano, conduce a siparietti che sfiorano il patetismo. Era più o meno lo stesso problema del King Kong di Peter Jackson. E comunque, passi lo scimpanzé col broncio simil-
bambino capriccioso, passi lo scimpanzé simil-pietà cristiana che piange il gorilla morente tra le sue braccia, passi anche lo scimpanzé simil-figlio adottivo che pensieroso sul sedile posteriore dell'auto vuole vedere il luogo dove è nato, ma lo scimpanzé simil-gladiatore che si avvicina all'orecchio dello scienziato e...parla! è davvero troppo da digerire e rimanere seri. Se ci si sta chiedendo come un manipolo di scimmie possa pendere possesso dell'intero globo terraqueo niente paura, c'è la solita epidemia da estrarre dal taschino quando serve per risolvere con uno schiocco di dita intricati nodi narrativi. Grandissimo successo al botteghino USA, il finalino sui titoli di coda già preannuncia sequel, sequel del sequel, remake del sequel, prequel del remake, reboot, spin-off, reboot dello spin off e remake del reboot dello spin off. Ovviamente il vecchio Pianeta delle scimmie rimarrà insuperato.