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IL PRIMO UOMO - RECENSIONE
Il primo uomo recensione
Recensione

il primo uomo recensione
[recensione il primo uomo] - Gianni Amelio, a distanza di quasi sei anni, torna sul grande schermo e lo fa alla grande! La pellicola in questione è Il primo uomo, tratto dall'omonimo romanzo autobiografico di Albert Camus. Amelio riconferma ancora una volta la propria bravura; archiviati i poco premiati La stella che non c'è e Le chiavi di casa, il regista torna in carreggiata più forte che mai e porta nelle sale italiane un film già "medagliato" al Festival di Toronto con l'assegnazione del "Premio della Critica Internazionale". La trama è ambientata nell'Algeri di fine anni '50, dove i conflitti franco-arabi sono ancora nel pieno svolgimento; da una parte gli arabi rivendicano il diritto d'indipendenza dalla Francia, dall'altra gli algerini di origine francese non vogliono abbandonare la terra in cui sono nati. Protagonista assoluto della storia è Jacques Cormery (Jacques Gamblin), noto autore di romanzi che rientra in patria per sostenere la causa a favore dell'unità e della pace tra gli algerini. Il ritorno nella casa natale, però, suscita nello scrittore un risveglio dei propri ricordi d'infanzia: la povertà, le marachelle, le prime bugie, le frustate della nonna severa, il sorriso della madre, i giochi e le prime sigarette condivise con lo zio, l'astio dell'amichetto arabo Aziz, il maestro elementare che lo supporta negli studi, le prime attenzioni di una ragazza. Jacques rivive le stesse emozioni, gli stessi odori, sapori, colori e sguardi con cui è cresciuto e sembra ancora essere legato ad essi da un forte cordone ombelicale, rappresentato sostanzialmente dall'assenza del padre che necessita di essere colmata. Ecco, quindi, che entrano in gioco le due figure portanti per la crescita di Jacques: la madre Catherine (Maya Sansa, Chaterine Sola), giovane donna analfabeta dal cuore grande, e la nonna (Ulla Bauguè), onesta lavoratrice e figura autoritaria per la famiglia. Con la prima, lo scrittore ha un rapporto molto bello, rappresentato da una forte complicità di sguardi, silenzi e sorrisi; per la nonna, invece, l'autore nutre un profondo rispetto, dovuto, però, alla paura che questa figura gli procura. Un'altra persona importante per Jacques è il maestro Bernard (Denis Podalydes), che ha contribuito in modo fondamentale alla crescita e all'istruzione del protagonista. Un ruolo non marginale nella storia lo occupa anche l'amico d'infanzia Aziz (Hachemi Abdelmalek), che rappresenta un po' il filo conduttore della vicenda relativa alla questione razziale; Aziz, infatti, in quanto arabo, fin da bambino rifiuta l'amicizia di Jacques e solo verso la fine del film potremo vedere una sorta di riavvicinamento tra i due. Amelio ci ha da sempre proposto opere magnifiche, basti pensare alle meno recenti Lamerica e Porte aperte, e con questa, a nostro personale giudizio, ha davvero raggiunto la vetta dell'eccellenza. L'eleganza e la delicatezza con cui il regista dirige la macchina da presa ci trasmettono l'intensità delle emozioni dei personaggi. I numerosi primi piani, l'attenzione agli sguardi, i silenzi, sono tutti piccoli particolari che sommati ci traducono l'opera cinematografica in poesia. Amelio, probabilmente influenzato dal viaggio in Cina, fatto per girare La stella che non c'è, sembra utilizzare un tocco poetico peculiare di alcuni registi asiatici come Kim Ki Duk e Zhang Yimou. In questo film c'è una sorta di profonda intimità che molto spesso nel cinema occidentale non si riesce a cogliere. Non c'è dubbio che il legame particolare che accomuna Amelio e Camus (la scomparsa prematura del padre) possa aver aiutato la fase produttiva del film, ma in questa pellicola c'è qualcosa che va oltre, che viaggia nell'anima dei personaggi e li rende credibili agli occhi dello spettatore. (La recensione del film "Il primo uomo" è di Maurizia Chersicla)
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