I PINGUINI DI MR. POPPER
Recensione
di Elisa Lorenzini
Non si può certo dire che Jim Carrey tradisca se stesso. Fatta eccezione per il biopic ispirato "Man on the Moon", l'amara riflessione sulle paranoie massmediatiche di "The Truman Show" e il mal d'amore dilazionato di "Se mi lasci ti cancello", The Mask ha esplorato il genere comico-demenziale come pochi altri prima e dopo di lui. E in questo sottobosco irriverente fatto di gag ultramimiche e battute salaci, Carrey ha incrociato spesso il pianeta animale. E' un comico "bestiale", Ace Ventura. Che si tratti di un delfino-mascotte o del jack russell Milo, la faccia più elastica di Hollywwod ha giocato bene in tandem con gli amici a quattro zampe (o pinne che dir si voglia). Un'equazione che il nostro ha pensato di riciclare nel domestico e infantile "I pinguini di Mr Popper": versione animalesca di una normalissima commedia americana, con il motivo evergreen del padre distante che, grazie a una carambola di imprevisti, recupera il rapporto con i figli e l'ex moglie. La differenza, poco rilevante ai fini della morale, sta nel fatto che qui l'imprevisto è fornito di becco e zampe palmate. Mr Popper, prototipo dello yuppie inaridito dal troppo lavoro, riceve un regalo postumo dal padre esploratore (come da clichè comico, uno yes man in giacca e cravatta deve avere un grano di follia per linea genetica, che giustifichi poi il suo cambiamento). Il simpatico cadeau è vivo, starnazza e ha bisogno di un habitat antartico per sopravvivere. Ecco dunque che, superata la prima reazione di rifiuto e constatato che i pinguini sono curativi per le incomprensioni padri-figli, Mr Popper si affretta a convertire il suo lussuoso attico di Park Avenure in una iceland delle meraviglie. Il finale vien da sè. Fin troppo facilmente.