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HENRY - RECENSIONE
henry recensione
Recensione

henry recensione
Roma uno dei suoi tanti volti. In "Henry" quello della malavita, dei tossici, degli spacciatori. Un cerchio chiuso, dove chi entra balla una danza governata dall'imprevedibilità rituale, dalla spietata sopravvivenza determinata, dalla cattiveria balorda ed efferata. Cambia registro Alessandro Piva. Con "Henry", non racconta la sua Puglia ma si muove sul territorio romano, cala il sipario su maschere umane ai margini di una società patinata di corruzioni. Costruisce un racconto avvincente con personaggi chiave come Nina (Carolina Crescentini), Rocco (Pietro DeSilva), Kueku (Aurelien Gaya), fotografie senza sconti, vite imprigionate in una dimensione di sconfitta, vittime e carnefici di se stessi. Il commissario Silvestri (Claudio Gioè) ed il suo aiutante Bellucci (Paolo Sassanelli) che indagano su due omicidi e si trovano al guado di un fiume che credono poter attraversare, ma la corrente della malavita è imprevedibile e quasi li travolge entrambi. Chi sta nel giro della droga agisce con un solo obiettivo: procurarsela, farsi e spacciare. C'è chi è strafatto e la smercia, come Spillo (Max Mazzotta), feccia umana, ingranaggio interrotto dall'imprevedibilità di eventi degenerati, grazie ai quali emergono gruppi paralleli di "mercanti" di colore intenti a farsi largo spazio sul mercato criminale della droga. Alessandro Piva anche in "Henry" caratterizza alla perfezione i personaggi, gli stampa sul volto la maschera del tossico, del criminale spietato, con le loro regole di macellai criminosi, mai corrotti dal buonismo, ma conquistati da una spietatezza e crudeltà, sentimenti che permettono di raggiungere sempre l'obiettivo. Un film coraggioso ed onesto "Henry", liberamente tratto dal romanzo "Henry" di Giovanni Mastrangelo, si configura di altissimo livello come prodotto cinematografico, con uno stile originale e convincente. Nel bel mezzo della narrazione lo spettatore senza rendersene conto è coinvolto emotivamente dalle scene: la capacità comunicativa del regista è talmente diretta nella sua irruenza etica ed estetica che conquista ed affascina. Un film di fattura italiana finalmente fuori dai soliti canoni e schemi visti e rivisti nel nostro cinema nazionale. Premiato dal pubblico per Miglior Film al 28° Torino Film Festival, "Henry" racconta un'umanità decentrata dal contesto sociale che però la ingloba e la nutre, che naviga sulla sponda dello straordinario storico Tevere, complice indisturbato di traffici ed altri crimini. Tutto in questo film è senza sbavature, dalla recitazione, alla regia, al montaggio ed alla fotografia. (La recensione del film "Henry" è di Rosalinda Gaudiano)
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