FAUST - RECENSIONE
Recensione
recensione di M. Nottoli
In un luogo imprecisato di un'epoca imprecisata, in un universo dipinto da Albrecht Altdorfer (andatevi a vedere La battaglia di Alessandro e Dario a Isso della pinacoteca di Monaco e diteci se non vi ricorda qualcosa), l'umanità è ridotta ad un insettario, sovrappopolato, famelico e purulento. Il dottor Faust seziona i cadaveri alla ricerca dell'anima e nel frattempo muore anch'esso di fame. Satana fa l'usuraio, è forse l'unico a spassarsela anche se davvero non sembra. Dimenticate tutte quelle menate sul fascino e l'attrattiva del maligno. Il maligno non ha alcun fascino, anzi è un essere ributtante che non fa nulla per nasconderlo, un essere deforme e ghignante, deriso e scalciato dal resto della comunità. Sta qui la forza dirompente della visione esistenziale che Sokurov getta sulla sua personale rivisitazione del Faust. Il Male è nel mondo. Il suo satana-usurario non fa niente. Non induce in tentazione, non bisbiglia all'orecchio, non instilla il dubbio. Non ne ha bisogno. In lui si assommano tutte le brutture e le cattiverie del mondo ma non ne è la causa. Ne è solo l'effetto. Tant'è che lui ci vive nel mezzo, ci sguazza come un maiale nel pantano ma non ne è immune. Non esiste il Bene contrapposto al Male, non esiste Dio contrapposto a Satana. Se esiste Dio e ha creato il cielo e la terra allora ha creato anche il Male che convive con noi al pari delle piante e degli animali, dell'aria e del mare. Sbaglia chi crede che l'Inferno sia solo per i cattivi – dice ad un certo punto lo storpio – l'Inferno è per tutti. E quale inferno migliore della vita terrena, una vita di stenti e di sacrifici, una vita sudicia e insensata dove ogni afflato d'assoluto si scontra e viene sconfitto dagli impulsi primitivi della carne e del sangue. L'universo di Sokurov, realistico e onirico al contempo, è un mondo terrificante e grottesco dove l'orrore è legato a doppio filo al concetto di perturbante, al senso di vertigine che si crea quando ci si trova davanti ad una vaga deformazione di qualcosa di profondamente famigliare. Nessun effetto speciale, l'inferno è un buco pieno di topi e cianfrusaglie a cui Satana non dà nessuna importanza (esattamente come Joker quando brucia la montagna di banconote). Opera maiuscola, dall'impatto visivo stupefacente, in uno spettacolare formato 4:3 che la fa assomigliare ad una proiezione casalinga e per questo ancora più aliena (torna il concetto di perturbante), come e forse ancora più de l'Arca Russa, Faust è un film faticoso e monumentale che non chiede di piacere né di essere compreso. Ma la sensazione è che nonostante i molti punti oscuri, nonostante i tanti passaggi indecifrabili, le sue immagini e le sue frasi ci rimarranno appiccicate addosso a lungo e si riproporranno nei mesi futuri continuando a macinare sottopelle. E come e forse ancora più de l'Arca Russa, Faust è un'opera d'arte totale in cui Sokurov riesce a condensare cinema e pittura, letteratura e poesia, storia, scienza e filosofia. Un film che parla per oltre due ore ininterrottamente, di anima e di senso della vita come fosse un'indagine febbrile in preda alle allucinazioni, senza mai apparire scolastico, retorico o banale. Qui si chiude la tetralogia sul Potere iniziata dal grande regista russo oltre 10 anni fa con Moloch. Faust è l'ultimo ma è anche quello che li precede e li teorizza. Nella sua ascesa finale infatti vediamo tutta l'ottusa prosopopea umana, di colui che, convinto di essersi liberato del proprio aguzzino e di averne carpito i segreti per dominare il mondo, è già morto e non lo sa.
(recensione di Mirko Nottoli)