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recensione Ecovanavoce] - Un uomo, solo, si sveglia (come se nascesse) in mezzo ad un bosco bagnato da una pioggia insistente. L'uomo ferito e confuso non riesce a mettere a fuoco il dinamismo della realtà che lo circonda. Chiede aiuto con tutta la forza di cui dispone in corpo. L'uomo solitario di "Ecovanavoce", diretto dal giovane regista Tommaso Urciuolo e sceneggiato da Marco Sommella, ricorda l'uomo primordiale, pensante, che lascia disegni simbolici sui muri, come traccia della sua esistenza. Quest'uomo (interpretato dal bravo Fabrizio Ferracane), si misura con se stesso e con un ambiente ostile, fatiscente, devastato. Non trova alcun sostegno, non trova confronto perché non trova "umanità". Solo oggetti, vaghi, come giornali dalle pagine stracciate, una lanterna ed un vecchio registratore che emette una voce da un nastro che gira. "Ecovanavoce", mediometraggio indipendente dal titolo palindromo, sviluppa un'idea ambiziosa: la solitudine umana ed il conflitto con il mondo intero… all'infinito! Il dialogo, tra l'uomo ed il luogo, è governato da suoni sinistri, colori bui e raggelanti. Gli elementi del racconto si amalgamano in una descrizione coerente e dinamica, anche l'inanimato ha voce. La mdp coglie e racconta con abilità un disagio umano senza via d'uscita. L'uomo di "Ecovanavoce" comunica con il volto, il corpo sofferente. Lo sgomento, lo sconforto, la paura di non ricevere l'aiuto richiesto, tutto viene ampliato dai suoni, dai rumori. Pare quasi di percepire la temperatura del luogo, l'odore della terra, del cemento sbriciolato, dell'acre odore dei luoghi abbandonati. La musica ha un ruolo importante, potenzia l'intera atmosfera, con note soavi, delicate, giocate abilmente su un pianoforte. Quando il tutto sembra promettere un lavoro impeccabile, la conclusione apre al banale, all'affrettato. L'uomo fa la sua scelta ed in questa scelta decide il suo destino.
(La recensione del film "
Ecovanavoce" è di
Rosalinda Gaudiano)
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