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DIAZ - RECENSIONE
diaz recensione
Recensione

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[recensione diaz] - Nella notte tra il 21 e il 22 Luglio 2001, il VII nucleo del primo reparto mobile di Roma, comandato dal vicequestore aggiunto Max (Claudio Santamaria), irrompe nel complesso scolastico Diaz-Pascoli. Seguono momenti di terrore, durante i quali i poliziotti in assetto anti sommossa, picchiano ripetutamente i presenti all'interno dell'edificio con manganelli, a mani nude e scaraventandogli addosso mobilia. La polizia passa all'arresto: gli ammanettati, di diverse nazionalità, sono 93, di cui 87 feriti gravemente. Le vicende raccontate nel film di Vicari si basano sugli atti processuali che hanno fatto seguito ai fatti di Genova 2001, soffermandosi sul massacro avvenuto all'interno della scuola Diaz, luogo a disposizione del Genoa Social Forum per accogliere tutti i manifestanti in cerca di un posto per dormire. "Associazione a delinquere finalizzata alla devastazione e al saccheggio, resistenza aggravata e porto d'armi"- Queste le accuse che hanno giustificato, secondo le forze dell'ordine, il violentissimo pestaggio e la perquisizione da loro operati all'interno del tristemente noto complesso scolastico. Nella sua pellicola Vicari mette sapientemente in evidenza un punto chiave dell'accusa pronunciata al processo dal Pubblico Ministero, ossia l'introduzione, da parte delle forze dell'ordine, delle due bombe molotov nella scuola, mossa che aveva lo scopo di ricondurre i civili all'interno della Diaz ai black block, colpevoli della devastazione subita il giorno prima dalla città di Genova. Vicari ricostruisce gli avvenimenti di quella violenta notte, seguendo scrupolosamente gli atti processuali, come per lasciarli parlare da soli, relegando dialoghi e caratterizzazione dei personaggi in secondo piano. Tutti gli elementi narrativi sono finalizzati a rappresentare "la più grande sospensione dei diritti umani in un Paese occidentale dopo la Seconda Guerra Mondiale", come l'ha definita Amnesty International nel 2002, impegno certamente lodevole, ma la struttura narrativa del film ne risente un po', peccando di qualche buco e di inconcludenza. La regia però rimane di qualità, caratterizzata da un ritmo di ripresa serrato, che restituisce la concitazione di quei momenti, uno sguardo scabro e violento, che, senza risparmiare le peggiori crudeltà, porta lo spettatore in un abisso spaventoso e sanguinolento, quello dell'istinto belluino che si scatena in guerra. La strana vicenda del massacro e delle torture alla scuola Diaz e alla caserma di Bolzaneto si chiude con un processo contro soltanto 29 componenti delle forze dell'ordine, che però ha luogo troppo tardi affinché la giustizia possa fare il suo corso. Delle condanne emesse dal secondo grado di giudizio (condanna per lesioni, falso in atto pubblico e calunnia), soltanto quelle di falso in atto pubblico rimane valida, ma andrà in prescrizione fra quattro anni. Il giudizio di appello, pur riconoscendo il carattere di tortura alle condotte inumane poste in essere dalla polizia italiana, ma non essendo riconosciuta dalla legge tale fattispecie come reato, si conclude con quarantaquattro condanne per abuso di ufficio, abuso di autorità contro arrestati e detenuti, violenza privata. Film ambizioso e difficile da realizzare, costituisce una prova importante per la nostra cinematografia, ma nonostante il coraggio del produttore Procacci e di Vicari, manca dell'appeal e della concretezza degli storici film di denuncia che il nostro cinema riusciva a produrre cinquant'anni fa. (La recensione del film "Diaz" è di Francesca Tiberi)
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