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FILM > RECENSIONI

CONAN THE BARBARIAN
Recensione

di Daniela Losini
Parte decisamente svantaggiato il Conan degli anni del 3D (anche basta, dosatelo), dei reboot per evidente mancanza di idee, dei film "Dai li rifacciamo sono passati almeno vent'anni!". Ci sono John Milius e il granitico faccione di Schwarzy coi quali confrontarsi. C'è soprattutto Milius: le atmosfere ansiogene, quella mistura irripetibile di avventura, oscurantismo, epica e superstizione dove ogni minuto di girato era un'apocalisse. Dalla sua il nuovo Conan ha – ed è - Jason Momoa. Per chi ha dimestichezza con le serie tv sapete di cosa e di chi stiamo parlando: di Games of Thrones. Di Khal Drogo e della sua bestiale presenza fisica nonché del suo miglior effetto speciale: il kajal. Conan vede la prima luce della sua vita durante la guerra mentre il padre mentore (Ron Perlman, sempre sia lodato) ne celebra la nascita con un battesimo di sangue. Lo ritroviamo ragazzino: ribelle, guerriero, votato alla velocità di apprendimento manuale, combattente senza sosta e senza paura. Ci sono i riti di passaggio: quando arriva il momento di passare all'età puberale correrà nella foresta dando del filo da torcere alle belve nere – che sembrano appena scappate da Apocalypto – e che di lì a poco invaderanno il villaggio cambiandogli il destino. Ci sarà la prova di forza: mors tua vita mea e un sacrificio da compiere per la sopravvivenza. Cresciuto, decisamente pasciuto riappare vagabondo, col capello lungo, l'occhio spiritato, assetato di vendetta per coloro che gli tolsero la famiglia e la magica spadona forgiata nel fuoco e nel ghiaccio. Tra i cattivi citiamo Rosa McGowen in versione Bellatrix tribale: feroce e unghiutomunita strega che assiste il padre bramoso di conquistare il mondo. Ci sono i buoni: c'è Rachel Nichols (Star Trek) ancella di purezza con quella giusta stilla di malizia che solo i giganti bestioni come Conan possono domare (e viceversa, che romantici!). Il
regista Marcus Nispel (ha girato un paio di reboot di classici horror) ce la mette tutta: nella prima parte non risparmia botte, clavate, mazze chiodate dosando primitive sassate a duelli coreografati (la migliore invenzione? i guerrieri di sabbia); mentre nella seconda il tono e l'adrenalina scompaiono lasciando alla platea l'onere dello sbadiglio. Tutto si ripete. Come l'energia niente si crea, nulla si distrugge ma si trasforma. In qualcosa di già visto e senza il pathos necessario. Conan/Momoa ce la mette tutta: ha lo sguardo registrato sul mantra I-live-I-love-I slay-and-I-am-content (Vivo. Amo Uccido... Sono soddisfatto). Ma non basta. Poi pensi alla catch phrase e al gioco di parole. Ecco Conan, noi un po' meno. Un po' meno.



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