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recensione chronicle] - Film di supereroi senza supereroi. Elephant che si fonde con X-men. Siamo dalle parti di Cloverfield ma meglio di Cloverfield. Chronicle di Josh Trank è un oggetto non bene identificato che si pone nell'incrocio esatto di varie direttive: realtà/fantasia, impegno/svago, depressione/euforia, prodotto indipendente/prodotto mainstream. Come per Cloverfield, a visione ultimata, la domanda che verrebbe da farsi è: embè? Poi però ci si rende conto che ognuna di queste coppie di opposti, così ben amalgamate, esercitano un'attrattiva non proprio marginale. Il ricorso all'ormai trito e ritrito mockumentary ha già dimostrato tutti i suoi limiti di significante debole e anche Chronicle in questo non fa eccezione. Tanto che, per consentire di raccontare e mostrare tutto, il punto di vista unico, la soggettiva che si vorrebbe ininterrotta, deve essere ad un certo momento abbandonata e interpolata con altre riprese, quelle che, per salvare la fittizia parvenza di reality, sarebbero state ricavate dalle videocamere fisse sparse per la città. Il che presuppone comunque la presenza di un regista che abbia montato quelle immagini ad hoc, facendoci pertanto tornare daccapo: embè? Tuttavia la ripresa amatoriale funziona in Chronicle meglio che altrove perché sa meglio che altrove portarti all'interno di un racconto che è intriso di realtà in ogni suo interstizio. E anche quando la realtà viene meno, anche quando la fisica viene scardinata in metafisica attraverso un mcguffin di nessun conto, quando cioè gli effetti speciali subentrano in maniera massiccia creando un forte contrasto con le immagini a bassa definizione finendo per acuirne il significato, si rimane sempre dentro un orizzonte fortemente realistico dove il senso di identificazione è concreto. Perché aldilà delle analisi linguistiche Chronicle centra il suo obiettivo nella misura in cui si percepisce che "potrebbe essere vero". E così è: i tre protagonisti che si muovono in ambienti più o meno degradati, in una quotidianità banale fatta di scuola, prepotenze, noia, drammi domestici, sghignazzate tra amici, ragazze e turbe adolescenziali, potremmo davvero essere noi. E potremmo essere noi anche quando schiantano automobili con la sola forze del pensiero o volano tra le nuvole a tutta velocità, con una semplice felpa col cappuccio addosso e le scarpe da ginnastica, sequenza, quest'ultima, stupefacente che sintetizza in sé tutta la forza poetica del film. Così come potremmo essere noi gli studenti di Elephant ma non potremmo essere noi Wolverine, a meno di non soffrire di preoccupanti dissociazioni di personalità. Inoltre Chronicle possiede una storia, una struttura, una tensione emotiva che, ad esempio, Cloverfield non aveva e che faceva sì che la sospensione dell'incredulità dopo un'ora abbondante di peripezie ripetitive e sconclusionate fosse soppiantata da un bel chissenefrega. Chronicle no. Poche pennellate servono a delineare interiorità e rapporti interpersonali e la domanda: "tu cosa faresti?" durante la proiezione risuona molto più fondante di una semplice frase di lancio sospesa sul manifesto pubblicitario. Ebbene: tu cosa faresti se ti scoprissi in possesso di poteri eccezionali? Ti metteresti un costume colorato e combatteresti il male o magari, rabbioso e insoddisfatto come ogni teenager, ti prenderesti qualche rivincita a fronte di troppi torti subiti? In una stagione cinematografica all'insegna dei supereroi, Chronicle si candida per diventare l'autentico anti-spiderman, perché che da grandi poteri derivino grandi responsabilità è vero solo nella migliore delle ipotesi.
(La recensione del film "
chronicle" è di
Mirko Nottoli)
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