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recensione Buona giornata] - Sette storie, sette "tipi topici" del nostro Belpaese, raccontati nel corso di una giornata qualunque dell'anno, da un'alba a quella successiva. Questo è Buona giornata, seconda fatica stagionale dei fratelli Vanzina, dopo Ex – amici come prima.
Una commedia dal sapore retrò (a partire dalla voice over onnisciente), come quelle che dirigeva il loro padre, Steno, negli anni Cinquanta-Sessanta. Leggera come un bicchier d'acqua, talmente genuina da far quasi bella mostra delle proprie imperfezioni (una su tutte, nei totali al Pantheon e a Firenze, i passanti guardano in macchina). Senza presunzioni e pretese autoriali. L'obiettivo principe, lo dimostra lo stuolo di grandi nomi della comicità nostrana, è per l'appunto quello di far ridere.
Riprendiamo direttamente dal pressbook, il racconto della genesi di Buona giornata: "Io e mio fratello Enrico abbiamo preso spunto da una storia di copertina del magazine Sette del Corriere della Sera che proponeva decine di scatti su diversi aspetti del nostro Paese offrendone uno spaccato realistico. L'idea è stata quella di fotografare l'Italia di oggi attraverso una giornata particolare […] di quella gente comune che i giornali e le Tv non raccontano".
Nel nostro caso, brevemente abbiamo: un principe romano caduto in disgrazia (De Sica), presenzialista di eventi mondani; un notaio napoletano (Salemme) nel tentativo di nascondere un'avventura extraconiugale alla moglie; un tifoso della Fiorentina (Conticini) scaramantico in trasferta a Verona con la fidanzata (Francini); un senatore corrotto (Banfi) nell'atto di ottenere la maggioranza al Senato per respingere l'autorizzazione a procedere contro di lui; una manager (Mannino) che, senza più identità, viene scambiata per una clandestina; un evasore fiscale (Mattioli) che scopre che la Finanza sta indagando sul suo conto e presto lo perquisirà; un milanese trapiantato in Puglia (Abatantuono), venditore di prodotti di domotica, che tenta di riallacciare un dialogo coi figli.
Tutti i personaggi di Buona giornata sono unidimensionali, dotati di una caratteristica saliente che ne ispira il comportamento e li spinge all'azione. Come quelli del vaudeville. Di ciascun personaggio emerge e permane il tic o la peculiarità che lo sottraggono alla flessibilità viva della persona, e lo riconducono nello schematismo di una maschera. Ma il pubblico a certe maschere, nel cinema dei Vanzina, è abituato e affezionato. Prendiamo il caso del Principe Cavallini interpretato da De Sica, il quale aveva già prestato la propria maestrìa per un personaggio affine, nei due A spasso nel tempo; ma potremmo menzionare anche il personaggio di Mattioli (che per bravura e tempi comici, potremmo considerarlo l'erede del mai troppo compianto Mario Carotenuto) che si riallaccia al palazzinaro tangentista di Un'estate ai Caraibi nonché al macellaio arricchito di Anni 60 (che aveva come riferimento I tartassati di Steno).
D'altra parte, le maschere succitate, seppur rivedute e corrette ai giorni nostri, sono le stesse della commedia all'italiana. Come non notare la contiguità tra l'imprenditore di Mattioli e il palazzinaro di Aldo Fabrizi in C'eravamo tanto amati o quello di Garrone in Vacanze di Natale.
Anche il meccanismo comico è quello di un vaudeville senza musica, ma ciò non impedisce ai Vanzina di far della satira di costume, arte in cui sono maestri.
Difatti, ce ne è per tutti (o quasi). Pensiamo all'effimero principe, interpretato da un ottimo Christian De Sica, che continua a contare le palle sullo stemma e i papi tra gli antenati, quasi non accorgendosi di non essere più un immune feudatario del medioevo; ma allo stesso tempo, non è dissimile dalla nobiltà che affolla il tubo catodico. Oppure alla manager tecnologico-dipendente che pianifica la sua esistenza sul pc senza il quale sarebbe perduta. O ancora al rappresentante di domotica che tenta di vendere tecnologie, come l'accensione di una sauna tramite cellulare, a casalinghe pugliesi dalla mentalità poco avanguardista. Trans-gender, evasione fiscale, furbetti del quartierino, escort, corruzione politica, amoralità e assenza di etica professionale (pensiamo al senatore di Banfi) fanno da cornice alle storie.
Pertanto, possiamo dire che la combinazione tra la stilizzazione comica e la satira di costume riesce.
Come suddetto, questi personaggi rappresentano dei "tipi topici" e sono protagonisti della propria vita quotidiana all'interno del proprio contesto ambientale; ma sono (e di riflesso siamo) ignoti dinanzi al grande pubblico. "Persino nel momento della fortuna". La TV rende tutti quanti dei "soliti ignoti", perché diveniamo portatori una notorietà effimera, usa e getta, potremmo dire da "contratto a giornata", assunta e licenziata nello stesso giorno.
Prendendo in considerazioni i singoli episodi di Buona giornata, non tutti mantengono lo stesso livello comico. Alcuni risultano più riusciti, altri meno. Sugli scudi salgono Christian De Sica (era da Vacanze di Natale 2000 che non lavorava coi Vanzina), straordinario nel cambiare continuamente registro, e il debordante Mattioli. Un risalto particolare all'episodio della Mannino che, adottando il bergsoniano procedimento dell'"effetto cascata", giunge a dei risvolti pirandelliani (la perdita dell'identità della protagonista).
In conclusione: in un anno in cui le commedie (fintamente) sentimentali hanno saturato il genere, i Vanzina se ne distanziano e tornano ad una risata antica (badate bene, non "vecchia"), ad una comicità che ha il profumo del bianco e nero e il suono dei dialetti.
(La recensione del film "
Buona giornata" è di
Stefano Bucci)
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