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BLOOD STORY - RECENSIONE
Recensione

recensione di M. Nottoli
Purtroppo tocca ripeterci. Ma sono gli americani ad essere recidivi. E toccherà ripeterci pure per Uomini che odiano le donne, di imminente uscita. Vale quanto scritto per Sapori e dissapori, di qualche anno fa: Blood Story non esiste perché è un film che c'è già. Non è un remake ma è un plagio, un calco, una fotocopia inammissibile di Lasciami entrare, bellissimo film svedese firmato da Tomas Alfredson (che vedremo a breve ne La talpa), anno 2008, tratto dall'omonimo best seller internazionale di John Ajvide Lindqvist, uno dei pochi casi, a nostro avviso, in cui l'opera cinematografica supera la pagina scritta. Primo: Tomas Alfredson non ha nulla da imparare da Matt Reeves (d'altronde uno che ha fatto Cloverfield cosa avrà mai da insegnare?). Secondo: gli americani alle prese con i vampiri il massimo che possono produrre è Twilight quindi che continuino a fare quello. C'era dunque la necessità di rifare Lasciami entrare? Nessuna, se non la superbia e l'ignoranza degli yankees, convinti di possedere l'esclusiva di fare film, che si danno l'oscar da soli incoronandosi migliori e il resto del mondo è straniero da omaggiare con un contentino di consolazione. Non pretendiamo che i cowboy texani o gli agricoltori dello Iowa imparino lo svedese ma bisognerebbe almeno informare questi signori che esistono i sottotitoli, e che se proprio leggere stanca per chi è abituato a far pascolare le capre tutto il giorno, allora si può anche ricorrere al doppiaggio. Con questo non vogliamo scagliarci contro il "remake" in quanto genere, che potrebbe avere un senso quando si tratta di reinterpretazione o di attualizzazione rispetto ad un qualcosa lontano nel tempo, obsoleto nei modi ma non nei contenuti, ma non certo per provincialismo o ottusa albagia. Anche perché, ripetiamolo, Blood Story non è un remake, è un bluff, una truffa, un vero e proprio furto intellettuale e non solo, che raggiunge la sublimazione quando sullo schermo appare la scritta "adattato per lo schermo da Matt Reeves". E invece avrebbe dovuto essere: "fotocopiato per lo schermo (americano) da Matt Reeves". Valga per tutte l'ultima scena, la più impressionante e la più originale in termini registici, ricalcata fedelmente fotogramma per fotogramma. La sola differenza è che l'ambientazione si sposta dalla Svezia al New Mexico ma solo perché probabilmente gli americani non pensassero che fosse un luogo di fantasia. Certo, rimane la storia e rimane una storia struggente e tenerissima di amore e solitudine, di dolore e innocenza, come viene esplicitato alla perfezione nella timida richiesta d'aiuto presente nel titolo originale, "Lasciami entrare", (Blood Story è inferiore perfino nel titolo), da attribuirsi però in toto ai legittimi proprietari. Una stellina solo per Chloe Moretz, già entrata nelle nostre grazie, che vedremo presto in Hugo Cabret di Scorsese, cavallo da tenere d'occhio negli anni a venire su cui punteremmo un po' dei nostri averi. (recensione di Mirko Nottoli)




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