ANONYMOUS
Recensione
recensione di F. Casella
Essere Shakespeare o Non Essere Shakespeare? questo è il problema! Già, perché Anonymous, ultima fatica di Roland Emmerich, si occupa proprio di una discussione controversa iniziata un paio di secoli fa e che mette in discussione la paternità delle opere del Drammaturgo di Stratfort-Upon-Avon, William Shakespeare. Come può il figlio di un conciatore, con un'istruzione semplicistica aver scritto 37 opere teatrali, tra drammi storici, tragedie e commedie, e ben 154 sonetti?
Roland Emmerich, ben noto al pubblico per film quali Indipendence Day e 2012 dove le catastrofi ambientali diventano protagonisti-antagonisti dell'uomo, in Anonymous si cimenta col dramma storico-biopic per lasciarci un dubbio che ricorda le suddette catastrofi: ma qui è l'uomo stesso ad essere l'oggetto pericoloso della situazione. In molti hanno criticato il film, considerandolo presuntuoso e pretestuoso: ma il dubbio, che uno ci creda o meno, è quanto mai fondato. Linguisti, filosofi, storici teatrali, intellettuali (tra i quali citiamo Mark Twain, Charles Dickens, Singmund Freud) dal 1800 in poi hanno iniziato ad interrogarsi su questa questione ed hanno proposto dei "candidati" alternativi: una delle figure che da sempre sono state più indiziate è senz'altro Francis Bacon, filosofo e ministro della legge, considerato da molti come una delle poche persone il cui livello culturale corrisponda alla profondità e alla complessità dei testi; oppure Christopher Marlowe, che invece di morire in una rissa avrebbe continuato a scrivere sotto pseudonimo; altri candidati sono Edward de Vere e William Stanley. Il protagonista di questo film è proprio Edward de Vere (interpretato nella versione adulta da Rhys Ifans e nella versione giovane da Jamie Campbell Bower) che, avendo origini nobili, non poteva firmare le sue opere teatrali con il suo nome e, quindi, decide di farle firmare ad un attore (Will Shake-speare, appunto). Le sue opere non si rivelano solo bellissime, ma si rivelano vere e proprie armi di seduzione e di controllo del popolo che resta affascinato e allo stesso tempo, intimorito da versi e parole e personaggi. Tragedie e commedie che si mischiano alla sotto-storia autobiografica del protagonista, amante della Regina e, allo stesso tempo, s'intrecciano alla vera e propria storia di crisi dell'Inghilterra Elisabettiana nel periodo che precede il passaggio di corona a Giacomo I. Le scenografie e le ambientazioni rispecchiano appieno quella che dovrebbe essere l'Inghilterra del 1600 (d'altronde ad Emmerich gli si può criticare tutto, ma le ambientazioni non deludono quasi mai), con una fotografia che si alterna tra il freddo e il grigio presente senza scampo da una politica ormai decisa e flashback più caldi e giovanili, dove invece l'animo ingenuo e speranzoso lasciava una parvenza di sogno e poesia in più. Il cast, straordinario, è composto non solo dal sucitato Rhys Ifans che si dimostra non solo un'interprete originale da commedia, ma si presta anche al dramma storico, e soprattutto da Vanessa Redgrave che qui ci mostra una regina Elisabetta fragile ed intenerita, molto diversa dall'Elisabetta forte e tenace di Cate Blanchett (Elisabeth I e II) o l'ironica e divertita Elisabetta di Judi Dench (Shakespeare in Love). E scordatevi il William Shakespeare romantico alla Joseph Fiennes che scrive sonetti ispirandosi al suo amore per Gwineth Paltrow: qui Shakespeare è un attore inetto ed ignorante, a tratti giustamente ridicolizzato. E, forse, è proprio questo ad aver infastidico i critici e gli appassionati. Ma, da appassionata di letteratura Shakespeariana, ricordo che il film si apre e si chiude all'interno di un teatro di Manhattan, ai giorni nostri, dove lo spettatore viene immerso in un dramma meta-teatrale a cui lo spettatore può decidere di credere o meno, ma dal quale sicuramente uscirà affascinato ed ancora più interessato alla storia di questo Bardo che resta, ad oggi, uno degli scrittori più studiati nelle Università e più proposto nei Teatri.
(recensione di Francesca Casella)