La recensione del film Quello che non so di lei

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QUELLO CHE NON SO DI LEI - RECENSIONE

Quello che non so di lei recensione
Recensione

di Mirko Nottoli
[Quello che non so di lei recensione] - E' un thriller Quello che non so di lei, ultimo film di Roman Polanski? C'è un mistero a sottenderlo? Dovrebbe essere un colpo di scena quello che si affaccia a circa tre quarti dalla fine? Lei che si chiama Elle dovrebbe essere una metafora significativa? L'assurdità di certe situazioni dovrebbe avere qualche pretesa di plausibilità? C'è qualcosa che ci sfugge, qualcosa che non capiamo? Come nel recente Napoli velata di Ozpetek, Polanski crede sul serio che possano nascere ragionevoli dubbi in chi guarda su possibili scenari alternativi rispetto all'evidenza di quanto ci viene mostrato? Interrogativi tutt'altro che ironici, che sorprendono in quanto rivolti verso colui che sul tema del doppio, dell'alter ego, della follia data dall'intersecarsi di diversi piani di realtà, da Repulsion a L'inquilino del terzo piano fino a Rosemary's baby, ha costruito una carriera a suon di capolavori. Quello che non so di lei sembra Polanski che diriga per forza d'inerzia, è come se avesse preso il topos cardine di tutta la sua poetica e l'avesse prosciugato di ogni implicazione e sviluppo fino ad ottenerne la semplice enunciazione, come fosse un tema senza svolgimento dove lo svolgimento non è che il titolo del tema stesso (un discorso simile si potrebbe fare per tutta l'ultima produzione di Woody Allen, altro grande vecchio del cinema da tempo sul viale del tramonto). Tratto dal romanzo "Una storia vera" di Delphine de Vigan che è anche la protagonista del racconto, i riferimenti autobiografici, metaletterari e metalinguistici si sprecano (il suo penultimo romanzo "Niente si oppone alla notte" racconta del suicidio della madre esattamente come viene narrato dal film che da lì comincia). Ma nella mani un po' affaticate di Polanski lo spunto viene utilizzato per realizzare uno pseudo thriller psicologico privo di nerbo, in cui le presunte zone d'ombra finiscono per confondersi con quelle illuminate a giorno, stilisticamente affine a The ghost writer ma senza possederne la complessità della struttura, l'originalità dell'ambientazione, gli stessi inquietanti addentellati con l'attualità. Rimarrà deluso anche chi assaporava qualche risvolto sovrannaturale, lasciato ingannevolmente immaginare dal trailer, o chi già pregustava qualche deriva erotica in quel che si prospettava essere un rapporto morboso germogliante e crescente tra le due protagoniste, le quali, da che mondo è mondo, dovrebbero essere sinonimo di perversione. E invece la noia regna incontrastata anche sul versante sessuale, non ci viene concesso nemmeno il baluginare di un capezzolo, un bacio saffico, uno sfioramento malizioso che lasciasse intendere il tentativo di seduzione tra un' Eva Green mai così accollata ed un' Emmanuelle Seigner che nel nostro immaginario la ricordiamo sbrodolarsi il latte sul seno nudo davanti ad un attonito Peter Coyote mentre qui la ritroviamo in accappatoio e calzettoni tubolari in preda alla menopausa. (La recensione del film "Quello che non so di lei" è di Mirko Nottoli)
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