QUANDO LA CITTA' DORME di F. Lang
di Veronica Ranocchi
Scopo di questa rubrica è analizzare i grandi film del '900 e quindi di IERI. Contestualizzarli ad OGGI per comprendere se la prova del TEMPO li ha resi ETERNI o superati. Verranno prese in considerazione solo opere che all'epoca vennero reputate CAPOLAVORI per sviscerare, analizzandone il contenuto e la forma, gli aspetti che li hanno resi tali da essere circoscritti al loro TEMPO per ovvi motivi sociali, o ETERNI, anche OGGI e DOMANI.
Il penultimo film diretto da Fritz Lang è un noir interessante e diverso dal solito. Questo perché la grande caratteristica di film del genere, e cioè quella di scoprire l'assassino del delitto al centro della narrazione, è mostrata all'inizio. Lo spettatore è letteralmente onnisciente perché fin dal primo istante conosce l'identità del killer che sta attentando alla vita delle donne di New York e che viene soprannominato il "killer del rossetto". Tutto ha inizio, ancora prima dei titoli di testa, con lo svelamento dell'assassino della giovane bibliotecaria Judith Fenton. Questa è stata uccisa da Robert Manners, giovane psicopatico, travestito da falso fattorino, che si è introdotto nell'appartamento della giovane e l'ha uccisa mentre la vittima stava facendo la doccia. Prima di andarsene il killer lascia la propria firma, scritta sulla parete, col rossetto della vittima, con la dicitura "ask mother" (chiedi alla madre) ed è per questo che assume ben presto il soprannome di «killer del rossetto».
Una volta avvenuto il fatto, Amos Kyne, proprietario di una grande catena di giornali, riunisce i capiservizio per discutere dell'omicidio e organizzare la campagna di stampa. Purtroppo, però, muore all'improvviso lasciando la successione al figlio Walter che decide di "movimentare" il tutto dando vita a una vera e propria competizione fra i suoi collaboratori. Afferma, infatti, che nominerà direttore esecutivo chi fra loro sarà in grado di trovare l'assassino prima della polizia. Tra i "pretendenti" al ruolo di direttore esecutivo ci sono Harry Kritzer, capo dei servizi fotografici, Mark Loving, responsabile della rete televisiva e John Day Griffith, direttore del giornale New York Sentinel. Ognuno di loro ha qualche asso nella manica e, parallelamente, anche qualche segreto da nascondere e pensa di riuscire a sopraffare gli altri nella soluzione del caso. Il primo di loro, Harry Kritzer, ha una relazione segreta con Dorothy, la moglie di Walter Kyne; il secondo recluta una giornalista, Mildred Donner, che è anche la sua amante, in modo che possa ascoltare tutto e riferirgli qualsiasi cosa; infine il terzo confida nell'alleanza con il giornalista Edward Mobley.
Nel frattempo il mistero si infittisce perché la polizia arresta il portinaio del condominio in cui viveva la vittima, ma, nonostante ciò, un'altra donna, l'istitutrice Laura Kelly, viene comunque uccisa.
Da questo momento in poi si intrecciano una serie di relazioni interpersonali tra i vari personaggi già coinvolti e altri secondari, dando vita a dinamiche di gelosia e falsa gelosia che portano, tra le varie cose, all'esposizione del colpevole che, dopo un rocambolesco "inseguimento" viene fermato dalle forze dell'ordine.
Come detto si tratta del penultimo film di Fritz Lang, ma questo non significa che non sia all'altezza dei precedenti o di altri appartenenti allo stesso genere, anzi. Forse proprio il fatto che nasca dopo una lunga esperienza dietro la macchina da presa lo rende uno dei film più riusciti.
Innanzitutto bisogna prestare attenzione alla struttura, diversa dal solito e che permette allo spettatore di sapere fin dall'inizio e, per questo, essere allo stesso identico livello del regista, dell'autore, del narratore o di chi per loro. Il conoscere fin dal primo istante l'identità dell'assassino rende il film diverso dal solito e molto più interessante perché lo spettatore ha il compito di riuscire a capire il modus operandi di chi deve gestire il tutto e trovare la persona in questione.
Accanto alla struttura ben ideata e costruita c'è da tenere presente anche la tematica alla base del film che si lega, in qualche modo, al genere stesso. Fritz Lang, infatti, parte dal film poliziesco e dalla ricerca del killer per costruire una storia che si può considerare la messa in scena della quotidianità dell'epoca. La giustizia, rappresentata dalla polizia, e il diritto dei cittadini di essere informati, rappresentato, invece, dal giornalismo, sono considerati alla stregua di strumenti utili solamente per soddisfare le proprie subdole pulsioni private. Ed ecco che prende campo la convinzione che ha Lang di descrivere e considerare la carta stampata come uno strumento che rincorre continuamente e costantemente la cronaca, e soprattutto la cronaca più nera, per rimanere all'apice. Sembra che la voglia di sapere, anche dettagli, di crimini, omicidi ed eventi tragici sia il pane quotidiano dei lettori della carta stampata. Questa, proprio per questo, e per rimanere sulla cresta dell'onda, fa propria questa voglia intrinseca dei lettori e si sofferma sul macabro e sull'esagerazione ed esasperazione che caratterizza e coinvolge certi fatti. Talvolta addirittura la carta stampata sembra essere disposta a stimolare o addirittura incoraggiare i fuorilegge, come si può vedere nella scena in cui l'anchorman provoca l'assassino in diretta tv. Ed è una visione che, purtroppo o per fortuna, non si distacca nemmeno troppo dal quotidiano attuale. Anche oggi sembra che l'interesse maggiore (ma non solo da parte della carta stampata) sia quello di leggere notizie del genere piuttosto che notizie positive. E Lang aveva visto lontano…
Così facendo, e cioè capovolgendo quello che è l'assetto "classico" dei ruoli, sembra quasi che l'assassino diventi la vittima e i giornalisti, nel tentativo di scovarlo, diventano i veri mostri che vogliono privare il lettore di "cibo".
"Quando la città dorme" è, quindi, quello che si può definire un "falso poliziesco" dove è più importante il metodo attuato per scovare l'assassino rispetto all'identità dello stesso che, comunque e a maggior ragione, conosciamo fin dall'inizio. A Fritz Lang non interessa puntare il dito sulla figura del killer. A lui non interessa il disvelamento e la figura dell'assassino che, proprio per questo, ci mostra nell'incipit per renderlo, così, un personaggio marginale.
I veri protagonisti sono i giornalisti che indagano sul killer per avere la notizia in anteprima rispetto a tutti gli altri. Sono loro i veri "assassini" secondo Lang che li analizza fin nei minimi particolari fornendo un ritratto spietato, di loro e della categoria in generale.
Un film sul giornalismo che non ha niente da invidiare ad altri titoli che hanno trattato o voluto trattare l'argomento nel corso della storia. Attraverso questo film Lang offre uno spaccato "terribile" del mondo del giornalismo che appare come un universo dove l'egoismo la fa da padrone con persone disoneste e soprattutto arriviste e che non pensano ad altro se non alla propria carriera. Emblematici esempi a tal proposito sono le figure femminili, disposte a tutto pur di far carriera.
Regia e ritmo degni del miglior Lang, così come i personaggi ben delineati e mai sopra le righe. Tutti gli attori offrono le proprie migliori interpretazioni avvalorando la potenza e l'efficacia del film anche dal punto di vista "tecnico".
Anche se più dimenticato rispetto ad altri film appartenenti allo stesso genere "Quando la città dorme" resta un prezioso lungometraggio sul mondo del giornalismo, anche se con una visione non propriamente positiva, ma, al tempo stesso, neanche troppo lontana da quella attuale e, quindi, anche solo per questo, più che riuscita.
Lo era IERI, lo è OGGI e lo sarà DOMANI.