PSYCO
di Alfred Hitchcock
di Viola Pellegrini
Scopo di questa rubrica è analizzare i grandi film del '900 e quindi di IERI. Contestualizzarli ad OGGI per comprendere se la prova del TEMPO li ha resi ETERNI o superati. Verranno prese in considerazione solo opere che all'epoca vennero reputate CAPOLAVORI per sviscerare, analizzandone il contenuto e la forma, gli aspetti che li hanno resi tali da essere circoscritti al loro TEMPO per ovvi motivi sociali, o ETERNI, anche OGGI e DOMANI.
Phoenix, Arizona. Dopo aver sottratto 4.000 dollari alla società immobiliare in cui lavora, Marion Crange fugge in auto per raggiungere l'amante, Sam Loomis. In preda ai sensi di colpa e sicura che prima o poi verrà smascherata, Marion decide di tornare sui suoi passi e riportare il denaro al suo capo. Prima di riprendere la via di Phoenix, la donna si ferma al Bates Motel, gestito da Norman Bates, uno strano giovane che vive con la madre oppressiva e autoritaria.
Improvvisamente, mentre Marion si fa la doccia, viene uccisa a coltellate, da quella che in apparenza è la madre di Norman. In seguito alla scomparsa della donna, Lila Crane, sorella di Marion e Sam Loomis, si muovono per far luce su ciò che è accaduto.
Suspense, nervi a fior di pelle e un inaspettato finale. Nel 1961 Alfred Hitchcock fu capace di stupire lo spettatore ancora una volta, ancora di più e in modo totalmente disturbante.
Se a primo impatto, Psyco potrebbe semplicemente esser visto come un grande giallo, François Truffaut e soci ci hanno insegnato che per ogni pellicola Hitchcockiana, una semplice analisi approssimativa è inammissibile.
Qui il materiale è talmente vasto da rischiare di perdersi nelle varie vie interpretative; in primo luogo, la pellicola potrebbe esser letta come una metafore sull'atto del guardare proprio al cinema. Nelle inquadrature in cui il protagonista Norman Bates è intento a spiare la protagonista e osservarla con curiosità sembra infatti rimandare allo stato dello spettatore al cinema.
C'è poi il tema del doppio, come elemento duale; Norman Bates apparentemente placido gestore di un motel, che si trasforma in assassino, quando veste i panni della madre.
Potrebbe anche esservi un riferimento alla psicanalisi, che da sempre aveva affascinato il regista, tanto da realizzare, nel 1945, una pellicola sulla lettura dei sogni (Io ti salverò). Nella sequenza finale di Psyco, il dottore tenta di analizzare il comportamento di Norman, riallacciandosi a certe interpretazioni proprie della psicanalisi.
Non per ultimo, l'intero film è una lezione di cinema stesso. Si pensi all'imprevedibile sceneggiatura, dove si osa far morire la protagonista dopo 40 minuti di pellicola e in cui i colpi di scena si susseguono, fino ad un inimmaginabile epilogo.
Si pensi ai luoghi e allo spazio del film; principalmente la storia si svolge tra il Bates Motel e la minacciosa dimora dove Norman vive con la madre. Questo concorre a rendere l'azione ancor più soffocante per lo spettatore e soffocata per i protagonisti. Il mistero è lì, avvolto in quei due edifici, ma nessuno riesce a venirne a capo.
La regia di Hitchcock è poi quanto di più alto vi sia; come non citare la famosa sequenza della doccia ormai entrata a far parte dell'immaginario collettivo. Dopo la visione di Psyco, quel dettaglio dell'occhio immobile, da cui la mdp si allontana gradualmente, rimane nella mente dello spettatore per giorni. Anche la sequenza dell'assassinio del detective Arbogast, con quella virtuosa inquadratura in plongeè, denota le assolute finezze registiche di Hitchcock.
La grandezza di Psyco sta quindi nell'importanza data ad ogni elemento che va a comporre il testo filmico: gli innovativi titoli di testa realizzati dal maestro Saul Bass, l'angosciante e stridente leitmotiv dell'assassino, composto da Bernard Hermann e la grande prova recitativa di un cast perfetto, su cui spicca ovviamente Anthony Perkins, volto di uno dei personaggi più temibili mai visti sul grande schermo.
Dopo 53 anni, la pellicola del genio Hitchcock, è rimasta immune ai numerosi mutamenti visti nel tempo dall'universo cinematografico. Psyco non risente del passare degli anni perché è immortale come ogni capolavoro.
Lo era IERI. Lo è OGGI e lo sarà DOMANI.