La recensione del film Principessa Mononoke

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PRINCIPESSA MONONOKE - RECENSIONE

Principessa Mononoke recensione
Recensione

di Beatrice Po
[Principessa Mononoke recensione] - A quasi 15 anni dalla prima uscita del film nelle sale italiane, torna al cinema uno dei più straordinari film d'animazione di tutti i tempi: La Principessa Mononoke, diretto da Hayao Miyazaki. Questa nuova versione del film, riadattato e ridoppiato, dà finalmente la giusta importanza al senso ed al tono intrinsechi della storia, così come Miyazaki l'aveva creata. Rispetto alla prima edizione italiana del 2000, i dialoghi risultano molto più fedeli a quelli originali; viene rispettata la loro originale efferatezza -d'altra parte, si tratta pur sempre di un film che parla di guerre e scontri, di ferocia animale e umana- e molta attenzione è stata riservata anche ai termini antichi che nella pellicola originale usano i personaggi. La nuova veste della pellicola permette una fruizione della vicenda narrata più profonda e -come sempre accade coi film del maestro Miyazaki- ci si trova davanti ad una storia che non appartiene al mondo dell'animazione per bambini, ma anzi esplora temi adulti quali il conflitto uomo-natura e le fragilità umane. Il primo personaggio che incontriamo è Ashitaka, guerriero dell'antico clan degli Emishi, che, nel tentativo di difendere la sua gente, si trova costretto ad uccidere un demone-cinghiale. Nel momento della sua morte, la bestia lancia su di lui una maledizione e sul braccio del ragazzo si forma una cicatrice dolorosa, in continua espansione e destinata ad ucciderlo. Il guerriero decide così di partire alla ricerca di una cura che lo salvi, ma non sa che durante il suo viaggio scoprirà il motivo dell'enorme odio del demone verso gli umani e si troverà nel bel mezzo di una lotta tra natura e uomo, dove si scontrano efferatezza umana e animale. E' in questo clima di lotta che incontrerà San (la Principessa Mononoke del titolo), la ragazza di cui poi s'innamorerà, selvaggia e cresciuta insieme ai lupi, insieme ai quali difende la foresta e lo spirito che la abita. Quella che Miyazaki mette in scena ne "La Principessa Mononoke" è l'eterna lotta tra uomo e natura, che porta alla luce il modo in cui questi due mondi non possano fare a meno l'uno dell'altro pur portando avanti conflitti interni e ragioni mai totalmente condivisibili. E' proprio questa la caratteristica che colpisce nei film del maestro Miyazaki: tutte le fragilità umane vengono esposte agli occhi dello spettatore in modo che i personaggi, scontrandosi tra loro, rendano impossibile identificare i buoni e i cattivi, costringendoci a ragionare fuori dagli schemi e portandoci a riflettere profondamente. Anche le immagini sono decisamente più crude e violente rispetto a ciò a cui Miyazaki ci aveva abituati con altre pellicole e, tra scene di combattimenti sanguinosi e arti mozzati, il regista ci tiene sul filo del rasoio, pervasi dalla sensazione che qualcosa di efferato possa accadere da un momento all'altro. Persino l'amore, in questa pellicola, non fa parte di quegli amori classici nei quali ci si imbatte spesso nei film d'animazione. La natura di San è selvaggia, è una principessa atipica, senza paura e capace di atti violenti, ben lontana dal prototipo della principessina dolce e ingenua. Il regista ancora una volta dà prova di tutta la sua incredibile abilità nel costruire i personaggi, nel farli muovere con delicatezza e armonia anche nelle scene di concitata violenza e tensione. La storia si snoda sullo sfondo di paesaggi dai colori meravigliosi, tipici dei film di Miyazaki, e ci immerge nel mondo della fiaba tradizionale giapponese, dove spiriti magici, animali saggi e foreste fanno da strumento con il quale scavare nei temi più profondi e complessi della vita. (La recensione del film "Principessa Mononoke" è di Beatrice Po)
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