La recensione del film Posh

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POSH - RECENSIONE

Posh recensione
Recensione

di Clara Gipponi
[Posh recensione] - Il Riot Club (da cui prende origine il titolo nella versione originale) è un circolo elitario nato nel lontano 1776. Nelle prime scene del film (forse le più divertenti) vediamo i membri fondatori riunti attorno a un tavolo per celebrare i "valori" che sfacciatamente costituiscono i capisaldi del loro club: arroganza, prepotenza, superbia, e uno su tutti, la ricchezza. Oxford 2014. Dieci studenti dell'università più prestigiosa d'Inghilterra perseguono la tradizione degli antenati, ma durante uno dei loro più antichi rituali, sovraeccitati da alcool e droghe, fanno scempio di un'antica sala da pranzo e distruggendo ogni oggetto presente danno sfogo a una rabbia incontenibile. Quando il proprietario del locale prova a porre un freno al loro delirio di onnipotenza il branco si fa assetato di sangue, lo umilia, lo deride per poi assalirlo e picchiarlo selvaggiamente. I loro spiriti prendono fuoco alimentandosi l'un l'altro, si placheranno solo con il metallo delle manette e il rumore assordante di un'ambulanza. "Posh" nasce come opera teatrale. Il fulcro della storia ben si adatta ai perimetri di un palcoscenico, forse, se anche il film si fosse concertato su un'unica scena girata in un interno avrebbe avuto un qualche spessore come prova di recitazione o avrebbe incuriosito lo spettatore lasciando spazio all'immaginazione sui trascorsi dei protagonisti… ma scrittrice e regista hanno riadattato la sceneggiatura per "caratterizzare" i personaggi. Li mostrano a bordo delle loro costosissime auto dove tra una curva e un'altra urlano "siamo i padroni del mondo" e sorseggiano whisky come consumate rock star (salvo poi vomitarne il contenuto un attimo dopo), o mentre si fanno strada tra le guide turistiche nelle sfarzose sale dei palazzi di famiglia. Ma cosa aggiunge questo background? Nulla o quasi. Che erano ricchi e viziati lo si poteva capire benissimo da poche battute iniziali. La scena dove si snoda la vicenda arriva in ritardo, fino ad allora "Posh" non annoia, ma non emoziona. La regista è la pluripremiata danese Lone Scherfig, oltre al trascurabile "One Day", alle spalle ha un'opera come "An Education", ma qui non emerge quel sostrato che porterebbe a interrogarsi sul perché questi ragazzi serbano un rancore incontrollabile verso "la gente povera" (citando il film) o almeno sulla sua provenienza. Semplicemente hanno tanto o forse troppo, si riempiono la bocca di parole di cui non conoscono il significato, non sono né dannati, né maledetti, tantomeno poeti. Banalità dei dialoghi e scarsa evoluzione dei personaggi, intrappolati in sterili stereotipi, sacrificano la prova attoriale. C'è un crescendo di tensione valorizzato da fotografia e colonna sonora, tuttavia manca la suspense del thriller e il finale è un cliché annunciato. (La recensione del film "Posh" è di Clara Gipponi)
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