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Poltergeist recensione] - Lo ammettiamo, non abbiamo rivisto il Poltergeist originale, l'abbiamo visto a suo tempo e ce lo ricordiamo poco. Fa niente. Tanto è tanta la pochezza di questo ennesimo remake da non richiedere chissà quale esegesi. Come già ne La cosa, il fine è chiaro: prendere un celebre titolo degli anni '80, eliminare tutti i possibili sottotesti, prosciugarlo da tutte le atmosfere, le poetiche, le implicazioni, in una sola parola dall' "autorialità", per ricavarne un banale horror modaiolo per teen ager da multisala col cestone big size di pop corn e gli occhialini 3d. Per cui non vale nemmeno la pena di comparare. Il Poltergeist del 1982, firmato Tobe Hooper e Steven Spielberg (non due pirla qualunque) non era un capolavoro ma è diventato un classico perchè trovava la sua ragion d'essere nel luogo e nel momento in cui fu realizzato. Non siamo contrari al concetto di remake ma in questo caso ci sfugge il senso di un film (chiedere a Sam Raimi che l'ha prodotto) che ripercorre pedissequamente la trama dell'originale solo aggiornando, ma neanche tanto, gli effetti visivi alla luce delle nuove tecnologie, e che quando tenta di cambiare, quelle rare volte, sbaglia e peggiora. Dimostrando, per di più, di ignorare le più elementari nozioni di scrittura filmica, nel gettare alle ortiche la giustificazione delle presenze demoniache a circa metà pellicola senza nessuna poesia, nello sprecare il sacrificio del medium che dovrebbe assumere connotati eroici mentre noi ancora ci stiamo chiedendo chi diavolo è costui, nell'introdurre la figura inquietante del clown (che campeggia enorme anche sul manifesto) per poi non dargli alcun seguito. Partecipa svogliato a questo lavoro su commissione, il povero Sam Rockwell, padre di tre figli uno più fastidioso dell'altro (e ovviamente, se hai tre figli di cui uno pauroso, chi mandi a dormire in soffitta?). Nel finale, Gil Kenan, fino a quel momento stranamente trattenuto, spende tutto il budget a disposizione in CGI senza che un dubbio mai giunga a sfiorarlo, un dubbio sul fatto che magari lo spettatore che inserisce il film in un' ottica più ampia, in quanto la vita, anche nella realtà immaginaria del film, non inizia e finisce con il film stesso, ecco magari questo tipo di spettatore delle domande se le pone, del tipo: come mai proprio lì? Come mai in quella casa? Perché in quel preciso momento? E prima cosa succedeva? E dopo? E gli altri abitanti del quartiere? L'ultima scena, patetica in quanto venata da un incomprensibile registro comico, si fa emblema di tutta l'insipienza che alberga in alcune stanze di Hollywood.
(La recensione del film "
Poltergeist" è di
Mirko Nottoli)
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