La recensione del film Point Break

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POINT BREAK - RECENSIONE

Point Break recensione
Recensione

di M. Nottoli
[Point Break recensione] - Dimentichiamo l'originale. Non perchè oggi ci gira così, ma perchè crediamo sia questo l'approccio giusto verso qualsiasi remake ovvero considerarlo per quello che è, e non per quello che è in relazione a qualcos'altro. Del resto la logica e l'esperienza ce lo insegnano: Total recall fa schifo con o senza l'originale; Cape fear è bello con o senza l'originale; del Grande Gatsby ne esistono versioni più o meno riuscite indipendentemente dai paragoni o della maggiore o minore fedeltà al romanzo. Per cui arriviamo a Point Break. C'è chi ha gridato subito al sacrilegio definendolo inutile in nome dell' irraggiungibilità del modello. Ma cos'è in fondo Point Break? Un action spettacolare, una sfilata di sequenze mozzafiato (una per tutte: il volo planare tra le rocce con le tute alari), un film per appassionati di sport estremi che si serve di una macchinosa trama poliziesca come pretesto per mostrare una serie di prove al limite delle possibilità umane, coreograficamente e scenograficamente riprese. Tutte le superfici, tutti i terreni, tutti i mezzi sono contemplati: aria, acqua, ghiaccio e pareti rocciose, in paracadute, in moto, a mani nude, in snowboard e, ovviamente, in surf. Tutto congiurava contro il nuovo Point Break: considerato il tema, il target, le mode, avrebbe potuto diventare un'altra versione decerebrata di Fast and Furious, con le medesime, estenuanti, fastidiose, derive tamarre (non a caso il regista, Ericson Core, è stato anche il direttore della fotografia del primo capitolo di F&F). Invece il tasso di idiozia gradassa, così come quello di buonismo ipocrita, a livelli insopportabili in F&F (e tendenti al rialzo), sono tenuti a freno, con un'attenzione alla caratterizzazione dei personaggi, all'inizio, insperata, nonostante alcune cadute di stile e alcuni passaggi eufemisticamente faciloni. Anzi, paradossalmente si esagera pure, nel tentativo di ispessire il film, e con questo forse cercare di prendere le distanze dall'originale (di cui rimangono, oltre al canovaccio, i nomi dei personaggi e una breve citazione delle maschere dei presidenti) di contenuti ecologisti e new age che, se già di per sé risultano cialtroni, amalgamati con la sana e ignorante voglia di fare casino, finiscono col produrre un guazzabuglio, di intenti, eventi, proclami, obiettivi, senza ritorno. Tra esigenze di spettacolarizzazione nell'era di youtube e velleitari afflati terzomondisti, la sceneggiatura fa acqua da tutte le parti ma trova riscatto nello scontro tra i due antagonisti: il nuovo Johnny Utah (l'australiano Luke Bracey) non fa rimpiangere il vecchio, mentre il nuovo Bodhi (Edgar Ramirez), alle prese con un ruolo che avrebbe potuto essere ferale, riesce a donare al personaggio un'aura malinconica, da guru pervaso da un sentimento panico e panteista, che rende indirettamente onore al compianto Patrick Swayze, il quale, ne siamo convinti, da lassù ci guarda e in questo preciso momento fa sì con la testa. (La recensione del film "Mirko Nottoli" è di Rosalinda Gaudiano)
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