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Più buio di mezzanotte recensione] - Davide (Davide Capone) è un giovane ragazzo siciliano dai capelli rossi e dai tratti efebici che, un giorno, decide di scappare di casa. Per caso, o forse per volontà del destino, si ritrova nel parco più grande di Catania, Villa Bellini, un mondo a parte, che il resto della città fa finta di non vedere ma conosce perfettamente. Qui vivono un gruppo di giovani emarginati che, proprio come Davide, sono scappati dalle rispettive famiglie, perché disprezzati, incompresi, rifiutati: la Rettore (Giovanni Gulizia), la Meriliv Morlov (Sebastian Gimelli Morosini), Wonder Woman (Gabriele Mannino), Anna la Barbona (Ilaria Patassini). Con loro, Davide rubacchia qua e là per sopravvivere in una città distratta e cancellare il doloroso ricordo di un padre violento e di una madre amorevole ma del tutto impotente. Opera prima del catanese Sebastiano Riso, "Più buio di mezzanotte" è ispirato alla storia vera di Davide Cordova, in arte Fuxia, una delle storiche drag queen del "Muccassassina", che nel film compare in un intenso cameo. Il film racconta con ammirevole delicatezza stilistica una storia dal contenuto soffocante e raccoglie al suo interno temi quali la diversità, l'emarginazione, la solitudine, l'abbandono. Le scelte registiche di Riso sono sempre calibrate e coerenti al contenuto: dialoghi semplici, quasi essenziali, che lasciano comunicare l'intensità delle emozioni alle sole immagini, volutamente desaturate e prive di luminosità. Sulle note della malinconica "Amore Stella" di Donatella Rettore, la macchina da presa segue costantemente le vite allo sbando di Davide e dei suoi compagni, piccoli (anti)eroi come il giovane Antoine Doinel di Truffaut, evidenziandone sempre col dovuto rispetto la volontaria emarginazione e la ribellione da un mondo in cui non sembra esistere posto sicuro per chi è considerato "diverso". Il tutto è racchiuso e costretto in un silenzio oppressivo che aleggia costante in tutta la pellicola e che culmina con disarmante intensità nell'incontro di Davide con la madre e, sul finale, nel suo urlo disperato, rafforzando così quel senso d'impotenza e soffocamento che si prova nei confronti di una vita che non riserva sconti e che si fa spesso più crudele contro chi, indifeso, deve fare i conti quanto mai presto con le difficoltà di un mondo che respinge sprezzante chi difende la propria diversità e rivendica la libertà di essere ciò che è, senza paura e inutile omertà.
(La recensione del film "
Più buio di mezzanotte" è di
David Di Benedetti)
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