La recensione del film Peppermint

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PEPPERMINT - RECENSIONE

Peppermint recensione
Recensione

di R. Gaudiano
[Peppermint recensione] - Cosa succede ad una madre, ad una moglie, quando nel bel mezzo di una serata festosa, passata in un luna park per il compleanno della figlia, da una macchina in corsa spuntano mitragliette che nel fare fuoco all'impazzata colpiscono a morte figlia e marito? Succede che Riley North (Jennifer Garner) fino a quel momento madre e moglie felice, privata dei suoi affetti più cari, per il resto della sua esistenza non fa altro che andare a caccia degli assassini di suo marito e della sua bambina. La vita di Riley ha subito una irrecuperabile battuta d'arresto quella assurda sera nella quale figlia e marito sono stati trucidati sotto i suoi occhi. Ma per Riley la beffa si aggiunge al danno, perché pur avendo riconosciuto gli assassini durante un confronto nella centrale di polizia, questi, grazie ad un giudice corrotto e a poliziotti collusi, vengono assolti al processo per insufficienza di prove. Riley decide allora di farsi giustizia da sé e la sua vendetta spazia a 360° sia verso i mandanti della carneficina, sia verso tutto il sistema della giustizia americana, raggiungendo finanche i cartelli della droga. Pierre Morel, qui regista, ama il cinema d'azione e l'ha dimostrato con "Io vi troverò", primo della saga Taken, in cui il giustiziere era Liam Neeson. In "Peppermint" invece è una donna a vestire i panni della vendicatrice, una Jennifer Garner cocciuta e determinata, che sferra colpi di lama di coltello con un'efferatezza incredibile ed impugna pistole e fucile a canne mozze mietendo vittime senza risparmio alcuno. La donna Riley, ferita e mutilata nell'anima, che ricorda a tratti Lara Croft, l'eroina virtuale di "Tomb Raider", compie il suo viaggio negli inferi, determinata a farsi giustizia, facendo sputare sangue a chiunque incontri lungo il suo percorso di vendetta. "Peppermint", tra scene d'azione e fughe rocambolesche di una Riley che fa della rabbia la sua bandiera per combattere un sistema marcio e corrotto, scivola senza remore spesso nel banale, perché ciò che manca al film di Morel è la credibilità soprattutto dell'eroina vendicatrice, la credibilità delle scene d'azione penalizzate da piani sequenza frettolosi, in cui la violenza è talmente lineare che non ha nulla di veramente originale. Ed è proprio la mancanza di originalità che, nonostante i continui ed anche complessi movimenti di macchina finalizzati a variare angolature e punti di vista nello sviluppo drammatico della vicenda, fa di "Peppermint" un prodotto dal dinamismo quasi scontato, per le facili esagerate soluzioni con cui si articolano le scene d'azione. Per non parlare del finale, che lascia veramente increduli nell'infelice esempio di un buonismo gratuito da parte di una giustizia che si erge giudice di una vendicatrice senza ma e senza come. (La recensione del film "Peppermint" è di Rosalinda Gaudiano)
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