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Paulette recensione] - Ricordate il film del 2000, "L'erba di Grace", sullo sfondo dei suggestivi panorami di Cornovaglia? Ecco, Paulette ne è la versione paradossale e velenosa ai tempi della crisi più nera. Con la Grace, signora benestante di mezza età, ingenua e di buone maniere, Paulette, pensionata indisponente e apatica, non ha in comune praticamente nulla, ad eccezione della mancata elaborazione del lutto per la perdita del marito e le angustie economiche. Condizioni, queste ultime, tuttavia sufficienti, per condurle ad elaborare il medesimo piano per risollevare le proprie sorti finanziarie ed esistenziali, ovvero entrare nel giro redditizio del traffico di droga. Per entrambe la logica è quella del "a mali estremi, estremi rimedi", nonché di conseguenza "il fine giustifica i mezzi". L'accesso al mondo sommerso dello spaccio illegale, bisbigliato e celato dietro gli angoli oscuri delle strade, avviene attraverso la reinvenzione del proprio talento, giardiniera la prima coltiva marijuana in quantità industriale, pasticcera la seconda, avvia una fruttuosa produzione dolciaria col medesimo ingrediente. Va da sé che per le neofite, la mancanza di percezione della minaccia esercitata dai boss, speculatori senza scrupoli, sui faccendieri al dettaglio, sarà allo stesso tempo causa di pericolo e inestimabile profitto; da cui il cortocircuito comico. A questo punto però, la comune parabola, prende strade divergenti, perché le vicende di Paulette sono ben più complesse e stratificate. La "nonnina spinello", come verrà ribattezzata dagli affezionati clienti, nonché dai delinquentucoli di quartiere, dovrà infatti non solo trovare il (neppure tanto insospettabile) coraggio per reagire alle proprie miserie, ma dovrà addirittura riscoprire la sua più profonda dimensione umana e sociale, soffocata dall'esasperazione dell'indigenza. Sulla soglia dell'accattonaggio, Paulette è infatti l'ego-centro del mondo anafettivo dentro cui si è barricata dopo la morte del marito, votatosi all'alcool per aver perso la proprietà del ristorante di famiglia, rilevato da imprenditori asiatici. Pertanto, Paulette, certo ferita, ma quanto mai ottusa, crede fermamente nel pregiudizio razzista che le ha rovinato la vita (sua figlia ha per di più sposato un uomo di colore e sovente le affibbia il nipotino per barcamenarsi tra gli straordinari al lavoro) e nelle emozioni artificiali, esaltanti, ma senza conseguenza, che solo le serie tv poliziesche sanno darle. Si tiene, dunque, lontana dal conforto morale ed emotivo, della famiglia, delle amiche, persino di uno spasimante, il suo vicino di casa, uomo distinto ed elegante, ultimo dei romantici. Dell'inconsistenza solidale, Paulette non sa che farsene, non è che non ne abbia bisogno, solo non è alla base della sua piramide dei bisogni. Su tutto la grana. Appena gli affari iniziano a girare per il verso giusto, il primo acquisto non può che essere una tv maxischermo in 3D.
A riconferma del suo isolamento e della sua insensibilità per la vita reale che le scorre vicina e che rivendica le sue attenzioni; rivendica che Paulette non viva odiando il prossimo perché usurpa le poche risorse disponibili, bensì comprenda che nell'unione delle forze si cela la più grande ricchezza. Infatti, suo malgrado, l'intraprendente business woman, dovrà riconoscere che non può sostenere da sola il peso degli affari e che quindi ha bisogno di collaboratori per intensificare i guadagni, ha bisogno di amici con cui condividere le gioie dei guadagni, ha bisogno, infine di dare un senso ai suoi guadagni, ovvero riallacciare i rapporti con la propria famiglia. Sarà proprio nel momento in cui il suo egoismo avrà messo in pericolo proprio ciò che realmente ha di più caro, che Paulette riacquisterà la percezione della realtà. Se la rigida logica del determinismo materialista, che conduce dal miglioramento delle condizioni economiche direttamente al superamento della solitudine e della precarietà, anche esistenziale, è senz'altro il leitmotiv della commedia, il film, tuttavia, non elude mai il lato opposto della medaglia, ovvero la dignità di quei co-protagonisti che, pur stremati dai sacrifici, non si saranno fatti tentare dai loschi e facili compromessi, soprattutto non avranno smesso di bussare alla porta di Paulette, pur offesi e maltrattati, come sua figlia e suo nipote, coltivando le risorse più preziose e inesauribili, la ragione e l'animo umano, energia corruttibile per necessità, ma sempre rinnovabile.
(La recensione del film "
Paulette" è di
Carmen Albergo)
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