di R. Gaudiano
[
Paterson recensione] - Paterson è una cittadina del New Jersey, 30 km a ovest di New York. E Paterson è il nome del personaggio principale dell'ultimo film di Jim Jarmusch, "Paterson". Ma non basta, perché Paterson è anche il titolo del poema epico di William Carlos Williams, poeta americano (1883-1963), uno dei maggiori autori della moderna poesia americana. Il nostro personaggio, interpretato da Adam Driver (guarda caso driver vuol dire conduttore!) fa l'autista di autobus ed è affascinato dalla raccolta del libro di poesie "Paterson". Uomo tranquillo, dedito con scrupolosità al suo lavoro, innamorato della bella moglie Laura (dolce interpretazione di Golshifteh Farahani), Paterson ama scrivere poesie che custodisce gelosamente in un quaderno che porta sempre con sé. Una prosa senza rima, concreta, straordinariamente semplice. Il quotidiano di Paterson ha il sapore di una bella favola: l'idillio amoroso con Laura, l'armonia famigliare dettata da una ritualità più che prevedibile. Il risveglio, nelle prime ore del mattino, è dolcissimo, Paterson e Laura gustano questo momento come un dono, un'estasi incomparabile. Laura resta nella loro ridente e festosa casa, Paterson si reca sul posto di lavoro e mentre conduce il suo autobus, presta orecchio alle innumerevoli conversazioni delle persone che trasporta, sorridendo e traendo ispirazione per i suoi poemi. Laura è un personaggio stravagante, pieno d'iniziative creative. Il bianco e il nero sono i suoi colori, quasi ossessivi, che predominano negli arredi della casa. Anche i pasticcini che prepara sono in bianco e nero e non smette mai di sorprendere, anche quando decide che diventerà una brava ipotetica chitarrista country, suonando una chitarra (bianca e nera) acquistata per corrispondenza. Ma il personaggio più incisivo e superbo del focolare "Paterson" è Marvin, il bulldog inglese, che mugugna e grugnisce, amico fedele del suo padrone durante la solita passeggiata serale. Un cane paziente, Marvin, che aspetta davanti alla solita tappa del bar, con il guinzaglio ben uncinato al muro. Tutto scorre con una ritualità aggraziata, senza scossoni di sorta. Una vita ritmata da semplici gesti, scandita da momenti prevedibili, filtrata attraverso l'alone della gioia serena, dell'armonia domestica, custodita da quell'incedere senza sorprese, pacato, rassicurante. L'imprevedibile però arriva. L'autobus che ha un guasto mentre Paterson è in servizio. Il rapper che prova solitario una performance nella lavanderia pubblica. Un'adolescente che mentre aspetta la madre e la sorella, scrive poesie su un quaderno. La lacerazione del famoso quaderno di poesie per bocca di Marvin. Il proporsi abbastanza costante di coppie di gemelli, soggetti di un sogno fortuito di Laura. Per Paterson le rotture con la routine rappresentano un disordine necessario alla vita stessa. Jim Jarmusch racconta così il quotidiano di una coppia, felice nella più semplice delle sue aspettative e la scandisce nell'arco di una settimana, riuscendo a fare di quest'opera un quadro di magnifico respiro cinematografico. Un cinema genuino, che ci rimanda al cinema schietto delle piccole città americane di John Ford, "Paterson", presentato in concorso alla "Palma d'Oro" a Cannes, è un'opera idilliaca, poetica, come i versi che lo stesso impassibile protagonista pensa e scrive sul suo prezioso quaderno. Da questa catatonica dolce melanconia, Jarmusch declina in versi lo scorrere della vita, del tempo, e delle emozioni, delle gioie, cristallizzate in un bacio, in un sorriso, uno sguardo, nella sinfonia degli umori respirati in un'intera giornata.
(La recensione del film "
Paterson" è di
Rosalinda Gaudiano)
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