La recensione del film Panama Papers

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PANAMA PAPERS - RECENSIONE

Panama Papers recensione
Recensione

di Mirko Nottoli
[Panama Papers recensione] - Dopo lo scandalo Lehman Brothers è stato un continuo proliferare di film nati con la pretesa di poter spiegare l'economia anche a un bambino. Gli esiti sono stati, più o meno gli stessi per tutti, perché o ci rassegniamo al fatto che ci sono materie, come la trigonometria, la fisica quantistica, l'estetica di Hegel o l'economia appunto, che non possono essere spiegate a un bambino, oppure dobbiamo constatare che i bambini sono più intelligenti di noi. Nonostante infatti gli sforzi di ridurre astrusi magheggi finanziari attraverso disegnini, vignette animate, grafici, puerili similitudini e metafore affinché tutti possano comprenderne il funzionamento, noi di asset, bond, edge fund, derivati e capitali offshore continuiamo a non capirci una beneamata mazza. Ultima pellicola in ordine di tempo a tentare l'impervia via è Panama papers, diretta da Steven Soderbergh, prodotta da Netflix, incentrata sull'omonimo scandalo salito agli onori delle cronache qualche anno fa, qui ricostruito tra il serio e il faceto, tra realtà e finzione, tra fatti documentati e invenzioni romanzate. Il modello, abbastanza palese, è la Grande scommessa, film di cui quasi tutti hanno tessuto le lodi su cui noi abbiamo invece diverse perplessità. Soderbergh, ricollegandosi in questo alla sua ultima fatica, La rivincita dei Logan, calca ancora più la mano sul versante del grottesco, delineando una lunga galleria di personaggi sopra le righe, immersi in scenari dai colori pastello, protagonisti di siparietti che si aprono e si chiudono, intermezzi, sfondamenti della quarta parete, metanarrazione dall'andamento atemporale. Fa più effetto a dirlo che a farlo. In realtà espedienti già visti un milione di volte la cui insistita ed esibita ironia rischia in fondo di disinnescare la gravità del messaggio. Al termine di Panama papers, noi duri di comprendonio cosa abbiamo capito? Che è tutto un gran casino. Che l'essere umano è avido, che il sistema tutela i furbetti, che fatta la legge trovato l'inganno, che un' ignara impiegata può firmare 2500 moduli ritrovandosi a dirigere 2500 società che sono in realtà scatole vuote, che forse si stava meglio quando si stava peggio, quando l'economia virtuale era sostituita dal baratto. Perché non torniamo indietro, allora? Sennò tanto vale non lamentarsi, non scandalizzarsi o fingere di farlo e tenerci il mondo come noi l'abbiamo voluto, coi suoi pro e i suoi contro. Oltre ai tre protagonisti, Maryl Streep, Gary Oldman e Antonio Banderas, camei di James Cromwell, Robert Patrick, Jeffrey Wright, Ross di Friends, Sharon Stone, Matthias Schoenearts. (La recensione del film "Panama Papers" è di Mirko Nottoli)
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