di D. Di Benedetti
[
Pan recensione] - È destinata a non arrestarsi l'ondata di "live action" che da qualche anno a questa parte sembra essere diventata il leitmotiv produttivo della nuova Hollywood. Dopo "Maleficent", "Cenerentola" e l'imminente "Il libro della giungla", ecco sopraggiungere un nuovo film ascrivibile in questo filone sulle avventure del bambino che non voleva crescere nato dalla penna di James Matthew Barry, meglio noto come Peter Pan, diretto dal regista di "Espiazione" e "Anna Karenina", Joe Wright.
In "Pan", Peter (Levi Miller) è un dodicenne birichino con un irreprimibile carattere ribelle, ma nel tetro orfanotrofio di Londra, dove ha vissuto per tutta la vita, queste caratteristiche non sono particolarmente apprezzate. Durante una notte incredibile, Peter viene rapito da una nave pirata volante e condotto in un mondo fantastico, popolato di pirati, guerrieri e fate chiamato "L'Isola Che Non C'è". Lì si ritrova a combattere contro il temibile capo dei pirati Barbanera (Hugh Jackman), mentre tenta di far luce sul mistero che avvolge sua madre (Amanda Seyfried), che lo aveva abbandonato nell'orfanotrofio molto tempo prima. In gruppo con la guerriera Giglio Tigrato (Rooney Mara) e un nuovo amico di nome James Uncino (Garrett Edlund), Peter deve sconfiggere lo spietato pirata per salvare "L'isola che non c'è" e scoprire il suo vero destino: diventare l'eroe che sarà famoso per sempre con il nome di Peter Pan.
È ovviamente e dichiaratamente un prequel "Pan", il sesto film del regista inglese ormai esperto di adattamenti letterari. Lo afferma la voce fuori campo proprio all'inizio della storia, avvertendo lo spettatore che quella che sta per vedere non è la vicenda che tutti conoscono, ma quella che racconta di quando i nemici erano ancora amici, perché a volte, per capire meglio come finiscono le cose, dobbiamo prima sapere come sono iniziate. Sulla scia di film come "Maleficent", dove si indagava (a dir poco disastrosamente) sul perché il cattivo era diventato cattivo, anche in Pan dunque si tenta di capire come l'eroe sia diventato eroe e, seppure in modo meno improvvisato e delirante di "Maleficent", con altrettanta superficialità verso il significato insito nel personaggio di Peter Pan. Sì, perché in "Pan" si scopre che il bambino ribelle capo dell'Isola Che Non C'è è in grado di volare non perché in possesso della spensieratezza della giovinezza (e della polvere delle fate), ma perché, un po' come Superman, l'abilità del volo è praticamente scritta nel suo DNA, essendo figlio di un principe delle fate e di una guerriera.
La bellezza della storia e del suo protagonista appassisce dunque a favore di un personaggio tipico dei nuovi "blockbuster". E come un vero "blockbuster", anche "Pan" è pieno di effetti speciali e di sequenze d'azione fracassone soprattutto sul finale. E si resta spiazzati da altrettante sequenze accompagnate da canzoni come "Smells Like Teen Spirit" dei Nirvana e "Blitzkrieg Bop" dei Ramones.
Eppure, da un punto di vista strettamente ritmico, il film funziona, vuoi per una sceneggiatura in fin dei conti discretamente scritta e destinata al puro intrattenimento per i giovani spettatori, vuoi per la regia di Wright, pulita ma con una fresca e personale cifra stilistica.
Il finale aperto, che lascia domande senza risposta soprattutto sul personaggio di Uncino (qui non ancora il temibile pirata senza mano con il terrore dei ticchettii), lascia certamente presagire un sequel che, però, visto il risultato ottenuto dal film al botteghino americano, non andrà neanche in pre-produzione. E forse è un bene.
(La recensione del film "
Pan" è di
David Di Benedetti)
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