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Pain and Gain recensione] - Sorprendente Michael Bay. Critici e cinefili chiedano ammenda. Tutti quelli che lo credevano capace solo di baracconate action ipertrofiche, ipercinetiche, iperrealiste, ipermachiste, ipertecnologiche e iperidiote rivedano le loro certezze. E' vero che in qualche sua passata scorribanda fantascientifica aveva già dato prova di possedere una buona dose di umorismo ma niente a che vedere con l'ironia demenziale e amara che si fa critica spietata che pervade ed esplode come un'eruzione vulcanica in questo Pain and Gain. Che rimane ipertorfico, ipercinetico, iperrealista, ipermachista e ipertecnologico com'è nello stile del regista ma non iperidiota. O almeno lo è iperidiota ma lo è in quanto a rappresentazione. Anzi di più: Pain and Gain è un monumento all'idiozia, è la sublimazione della deficienza umana che descrive con colori pop, grandangoli ravvicinati e ralenty vertiginosi senza se e senza ma. Muscoli e soldi. A questo si è ridotto il leggendario sogno americano nella Florida di metà anni '90 e raramente è coinciso con una sequenza di fatti più beceri e avvilenti. Mi chiamo Daniel Lugo e credo nel fitness. Questo il dogma del palestrato protagonista che, persuaso da un corso motivazionale di essere un vincente, insieme ad altri due bodybuilder decerebrati al pari suo, decide di mettere in piedi un piano criminale che di piano ha giusto il nome, di una scempiaggine talmente rara da apparire inammissibile. E invece è tutto vero e sta lì la vera tragedia. Talmente incredibile che il buon Bay è costretto a ribadirlo più volte tramite l'uso di ammiccanti scritte in sovrimpressione. In un vortice di risate, chiappe, perizomi, tette rifatte, anabolizzanti, lamborghini , piscine, bilancieri, bicipiti, tatuaggi, piste di coca e mazzi di banconote, in uno scenario irreale, patinato e siliconico finto quanto i sorrisi di chi lo abita, Pain and Gain mette alla gogna la società dell'apparire in un modo che un film come Magic Mike, film che trattava anch'esso della vacuità e della superficialità del mondo moderno, se lo sogna. A differenza infatti del film di Soderbergh, ruffiano e contradditorio, Bay, nonostante i frizzi e i lazzi, non indulge a pietà, non cede a giustificazioni, non concede il benché minimo cenno di buonismo assolutorio. Non crediate infatti di farla franca rifugiandovi nella facile equazione tanti muscoli uguale poco cervello perché se i tre protagonisti sono da ricovero tutti gli altri non sono da meno. Non è da meno la vittima, il titolare della palestra, i vicini di casa, gli amici, i famigliari, la polizia. Nella gara a chi è più scemo concorriamo tutti, nessuno escluso. Si salva solo Ed Harris che in un mondo che galoppa a perdifiato inconsapevole verso la catastrofe si sofferma ancora a guardare il mare in compagnia della moglie (senza botulino). Perfetti tutti gli interpreti, perfetto Mark Wahlberg che è sempre perfetto quando c'è da interpretare un imbecillotto ottuso, perfetto soprattutto The Rock che è perfetto qualsiasi cosa faccia.
(La recensione del film "
Pain and Gain" è di
Mirko Nottoli)
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