La recensione di One Direction: This is Us

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ONE DIRECTION: THIS IS US - RECENSIONE

One Direction: This is Us recensione
Recensione

di Elisa Lorenzini
[One Direction: This is Us recensione] - Una storia da film, quella dei One Direction. Cinque comunissimi, imbranati, incerti adolescenti del Regno Unito, catapultati sul podio dei grandi da una partecipazione infelice a X Factor UK (nel 2010 arrivarono solo terzi) e soprattutto da una valanga di twitterate seminate per il web da frotte di fan innamorate: materiale decisamente cinematografico. E Morgan Spurlock, il ragazzaccio autore dell'inchiesta shock sul Mccibo, Super Size Me, si è assunto l'onere della sfida. Il suo approccio alla biografia dei Fab Five del momento, Zayn, Niall, Harry, Liam e Louis, è intelligente: Spurlock non calca la mano, non gonfia il pathos, non amplifica gli applausi e non snocciola complimenti. Si limita a raccontare, seguendo il più classico degli schemi narrativi: descrizione del background, traghettamento delle vite modeste dei cinque attraverso la lente d'ingrandimento di X Factor, furba e spietata vetrina di talenti confezionati ad hoc dal patron Simon Cowell, battesimo mediatico orchestrato direttamente dai fan, nelle retrovie invisibili dei social network, successo planetario. Spurlock si affida molto al parlato dei protagonisti e all'appeal delle loro performance, sottolineato dal 3d. Dal suo collage di testimonianze giocose, primi piani e sequenze di gruppo, da cui emerge una delle principali ragioni di forza dei 1D (il loro cameratismo), traspare la naturalezza offuscata dalla patina mediatica: il vivere quotidiano, tra scherzi adolescenziali, collezioni di flirt e gioie familiari (una delle scene di maggiore impatto è quella del pianto della madre di Zayn, che lo ringrazia per averla sradicata dai sobborghi e averle regalato la casa dei suoi sogni) di cinque ragazzi prestati alla ribalta ma rimasti intimamente legati al loro orizzonte più prossimo, fatto di pacche e risate. Certo, buonismo a parte, quella dei One Direction rimane una vicenda gravida di implicazioni sociologiche, in cui gioca una parte fondamentale la longa manus delle case di produzione e ancor prima i tentacoli di quella potentissima tenia postmoderna che è la comunità internettiana. Ma This Is Us non è un film di denuncia. A differenza di Super Size Me, in cui la goliardia era sapientemente mescolata all'urgenza della critica, il film sugli idoli teen del momento si limita ad essere una biografia ufficiale, benedetta (non a caso) da Sony e Syco (la società di Cowell): una discreta apologia dell'ascesa di cinque esordienti senza particolari pretese, assurti all'olimpo delle star per volere di un'imperscrutabile quanto prevedibile volontà virtuale. This Is Us è un film pensato per loro: per i milioni di fanciulle under 20 facili allo svenimento, eredi di una massa ubriaca di suggestioni che in passato ha consacrato fenomeni analoghi come i Take That e i Backstreet Boys. Onesto, ma poco interessante per chi non sia 1D-addicted. (La recensione del film "One Direction: This is Us" è di Elisa Lorenzini)
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