La recensione del film Notturno

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NOTTURNO - RECENSIONE

Notturno recensione
Recensione

di Rita Ricucci
[Notturno recensione] - Notturno di Gianfranco Rosi esce in sala regalando la memoria silenziosa dell'atavico fenomeno della guerra in Medio Oriente. Il viaggio di Rosi, durato circa tre anni, attraversa la Siria, l'Iraq, il Kurdistan e il Libano, terre, fino ad oggi, devastate dai conflitti. Un documentario Notturno che acceca gli occhi del rosso fuoco del tramonto, e come nel blu meraviglioso del Mediterraneo di Fuocoammare (2016), emerge l'urgenza di una solidarietà tra esseri umani che non si perda nelle parole. La fotografia esemplare dello stesso regista è esplicativa della bellezza di una natura silente che, come tale, attende di essere vissuta. Invece sono colline schiacciate dalla camionette militari, acque attraversate da sentinelle. Così è anche per l'uomo, privato di ogni diritto di essere tale. Un documentario,Notturno, necessario, ed essenziale, che ripercorre i ricordi di una madre che ha perso la figlia la cui presenza è ancora viva nei muri del luogo della sua prigionia. Un appello accorato a quel Dio che l'ha privata della vita facendo orfana una madre, un dio che ha deciso che doveva vivere senza di lei. Il dolore e le lacrime di queste madri scavano una fossa di imbarazzo per l'oblio nel quale è caduto tutto l'Occidente. Per Gianfranco Rosi è un altro passaggio obbligato nello sguardo sincero, senza nessun pregiudizio, su una umanità dimenticata dal mondo. Il solo suono (nella cura dello stesso Rosi) che echeggia, nella notte, dipingendo un quadro stellare, è quello di colpi di armi da fuoco. Lontani, fluorescenti, contornano campagne desolate, città degradate, case sventrate. I passi militari dei plotoni fanno eco al passo silenzioso di Alì, un giovane ragazzo con sette fratelli da sfamare e una madre. Nella notte si alza e, sulla strada, aspetta qualcuno che possa ingaggiarlo per la caccia: 5 dollari al giorno per fare l'animale da fiuto e da raccolta prede. Soldatesse curde dormono vestite in attesa di un'alba troppo simile alla notte. Alcune riguardano su un tablet l'addestramento ricevuto, un training dovuto per motivarsi a restare lì, accanto a una mitragliatrice, in attesa del nemico da colpire: Spara! Spara! Il documentario di Gianfranco Rosi non vuole dare nessun pugno nello stomaco, esige, piuttosto la voce dell'uomo per il bene dell'uomo. Quando la macchina da presa resta in trincea e, attraverso una finestra ricavata nella roccia, guardiamo fuori, vediamo la distanza di un mondo "civilizzato" da un altro che fatica persino a sopravvivere. Allora, la maestria della regia, ci porta in due luoghi significativi: un centro accoglienza per minori e un ricovero di igiene mentale per adulti perché solo i bambini e i pazzi hanno parole per descrivere l'orrore della guerra subita. È la voce dei più piccoli, a cui è stata divelta l'infanzia, a raccontarci la violenza dell'ISIS: contro i bambini picchiati senza motivo, contro le donne legate e torturate, contro gli uomini, ghigliottinati. È il piccolo Fawaz che tenta di raccontarlo con la sua balbuzie, indicando i suoi disegni e quelli delle altre piccole vittime che la notte non riescono a dormire. E poi ci sono gli uomini e le donne che hanno perso la ragione, perché, di fatto, non c'è una ragione per vivere in quel modo. Lo psichiatra che li ha in cura decide di rappresentare i loro traumi e ha scritto un copione le cui parti sono scritte sulla memoria di ciascuno di loro, perché questa possa uscire dalla loro testa e liberarli, se possibile, dalla nuova catena della malattia. Teatro nel cinema, quello di Rosi, che permette di denunciare l'effetto del colonialismo dell'Occidente fino al nostro secolo, del totalitarismo e delle monarchie assolute. Ogni battuta vorrebbe ridire la speranza sbiadita nel loro cuore. "Noi non moriremo", grida uno di loro mentre sul fondale del palcoscenico scorrono le immagini dei siti archeologi distrutti, di Erdogan, di Assad… I pazzi sono i soli che possono sperare nella Patria perché la Patria non si sa più quale sia, e declamano: "Anche tu avrai un dio, Patria mia". (La recensione del film "Notturno" è di Rita Ricucci)
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