La recensione del film Notti Magiche

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NOTTI MAGICHE - RECENSIONE

Notti Magiche recensione
Recensione

di R. Gaudiano
[Notti Magiche recensione] - Chi non ricorda i momenti adrenalinici dei mondiali del'90. L'Italia perse contro l'Argentina ai rigori. Momenti storici mitici del calcio mondiale trasmessi dalle televisioni nei bar, nelle case, nelle piazze, con cui Paolo Virzì apre "Notti magiche", in un intreccio metacomunicativo con un fattaccio di cronaca: un produttore romano sull'orlo del fallimento, Leandro Saponaro (il debutto da morto di Giancarlo Giannini, come sostiene lo stesso Virzì) viene ripescato cadavere nel Tevere, a bordo della sua macchina che non aveva mai guidato. Ma Saponaro non è morto annegato. Tre ragazzi, Eugenia Malaspina, Luciano Ambrogi e Antonio Scordia, finalisti del Premio Solinas, conosciutisi in occasione della cerimonia di premiazione, sono accusati dell'omicidio da Giusy Fusacchia, svampita ragazza coccodè, amante del produttore e finiscono in stato di fermo davanti al capitano dei carabinieri. Ed è proprio davanti al capitano che i tre tapini sciorinano in loro discolpa l'accadimento dei fatti. Eugenia Malaspina, ipocondriaca e visionaria, ha alle spalle una famiglia agiata ed una bella casa al centro di Roma. Offre a Luciano ed Antonio ospitalità nella sua grande casa per ovviare alla tristezza della sua solitudine. Luciano, di Piombino, è immerso in una condizione di euforia parossistica, elettrica, mentre Antonio, di Messina, cavalca un formalismo relazionale fuori dal tempo. Ed è su questo registro che i tre giovani si affacciano al mondo del cinema. Conoscono attori, produttori, assaporano quell'atmosfera inebriante ed esaltante che caratterizza una dimensione artistica funzionale a quella creatività propria degli sceneggiatori e registi. Paolo Virzì, dopo il viaggio in territorio americano con "Ella & John" punta la mdp in patria per raccontare ciò che esiste dietro il grande schermo cinematografico. Registi, attori, sceneggiatori, produttori, sono l'anima di un cinema che ha subito la crisi e che tutto sommato ha saputo poi cogliere in messaggi successivi l'evoluzione dei tempi e dei costumi. Virzì, nei suoi un po' lunghi 125', si fa interlocutore di quel mondo cinematografico magicamente immerso in una sua propria confusione artistica di rapporti interpersonali, necessaria alla creatività, all'immediatezza dell'idea dell'opera cinematografica. Ma questo mondo così straordinariamente luminoso e ammaliante ha i suoi tempi, destinati anche all'oblio e alla malinconia. Grandi maestri, come Fellini, hanno fatto la storia del cinema, storia che è ben custodita in una luce crepuscolare eterna, che ammanta, nel ricordo, la creatività presente. Ma "Notti magiche" oltre a questo, racconta anche la giostra delle emozioni e delle aspettative di tre ragazzi freschi di premio, che si dannano a scrivere fulminee sceneggiature senza firmarle, affascinati e storditi da volti, voci, proposte indecenti per chi li vuole pedine ad uso e consumo proprio, semplice materiale umano da sfruttare. Questi giovani, entusiasti e carichi di sogni, superato lo sbigottimento dell'affascinante favolistica apparenza, rientrano nei canoni di una razionalità realistica e ridefiniscono dolorosamente la propria identità nell'impatto finale, quasi catartico, davanti a quel capitano, simbolo di ricongiunzione tra quel mondo cinematografico dorato e le frenetiche emozioni dei tre aspiranti sceneggiatori. L'amarezza si veste anche di una spaurita comicità, e la realtà, nuda e cruda farà comunque parte, per i tre giovanissimi aspiranti sceneggiatori, del loro bagaglio di vita futura. Ed è nell'epilogo che Virzì, pur mascherando "Notti magiche" dietro un'aura inebriante di magia individuale e collettiva, non lesina disincanto e amarezza. (La recensione del film "Notti Magiche" è di Rosalinda Gaudiano)
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