di R. Baldassarre
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Non essere cattivo recensione] - Claudio Caligari è morto il 26 maggio del 2015 a sessantasette anni, e nella sua carriera registica ultratrentennale ci sono solamente tre lungometraggi e qualche documentario. Un autore sfortunato che ha dovuto sempre lottare per portare avanti le sue idee. Delle tante storie che aveva voglia di raccontare, solamente tre si sono concretizzate. Claudio Caligari sin dal suo esordio con il crudo e neorealistico Amore tossico è divenuto un autore di culto; aurea che poi è aumentata con il passare del tempo, ed è terminata con questa sua ultima fatica, Non essere cattivo. Un culto consolidatosi per le sue pochissime opere e soprattutto per la sua dura e pura coerenza stilistica. Si può benissimo affermare che Caligari è stato un regista resistente, un autore sempre fuori sincrono con il cinema italiano, sia nel lontano 1983, sia ora, nel 2015. Asincronia non solo per le storie che racconta, ma anche per quelle ambientazioni in decenni passati. Un corpus filmico di tre pellicole che hanno sempre mostrato, con stile "documentaristico", storie di disagio sociale e di violenze; storie di personaggi cresciuti in ambienti periferici impetuosi, che portano dentro di sé rabbia e smarrimento, e così che finiscono risucchiati nella loro incapacità di salvarsi. Con Non essere cattivo Caligari batte nuovamente questi "luoghi" per portare avanti il suo studio "geografico" e "antropologico", e sfortunatamente diviene il suo testamento cinematografico, che chiude in modo circolare la sua effimera carriera, ricollegandosi al suo esordio. Come in Amore tossico anche in Non essere cattivo ci sono storie di droga e di disagio sociale, e come nel suo esordio il centro focale è Ostia. La borgata di Ostia è un territorio abitativo molto esterno che non è mai confluito in Roma; un arto paesaggistico isolato e quasi dimenticato, abitato di solito da quella che viene definita "feccia". Ostia porta attraverso il suo nome significati liturgici e, ugualmente, assurge ulteriore sacralità perché là fu massacrato Pier Paolo Pasolini, esattamente quarant'anni fa. Ambientato nella Ostia del 1995, Non essere cattivo è quindi una nuova ricognizione di Claudio Caligari in quei luoghi. Nel decennio degli anni Novanta Ostia è una borgata che si sta riassettando, con nuove prospettive urbanistiche, per divenire quartiere, ma nelle cui piaghe la violenza e il disagio sociale sono rimasti largamente. Anche il massiccio consumo della droga, che nel frattempo è divenuta eroina, permane come "benefica cura" per questa vita di "merda". E nuovamente su questo spunto che Non essere cattivo inizia, divenendo quasi un seguito di Amore tossico, e mostrandoci, in definitiva che Ostia non è cambiata, e i suoi dimoranti ancora sguazzano negli usuali problemi. Soprattutto Caligari si concentra sulla gioventù, sui quei "ragazzi di vita" degli anni Novanta. Ma a differenza di Amore tossico questa volta il regista si focalizza solamente su due figure, Cesare e Vittorio. Un restringimento che serve anche a raccontare una solida amicizia e mostrare due personaggi nati e cresciuti negli stessi fetidi luoghi, ma che riescono a prendere due strade differenti, assurgendo a ruolo di poli comportamentali differenti. Rispetto ad Amore tossico Non essere cattivo diviene più cinematografico, con attori veri e uno stile più limpido. Questo cambio di espressione fa perdere quel tocco documentarisco che aveva il "prototipo", ma ciò non toglie che Caligari ugualmente pone profonda attenzione verso gli aspetti etnologici e tribali di Ostia e dei suoi personaggi. Inoltre Caligari si auto-cita, palesando i rapporti con il suo esordio. Uno dei due personaggi si chiama Cesare, come il protagonista della pellicola precedente (Cesare Ferretti), e l'inizio di Non essere cattivo è una diretta citazione/omaggio ad Amore tossico. Etichettato come regista post pasoliniano, il rapporto con l'autore friulano si fa ancor più stretto in questa sua ultima opera. Non solamente perché parla nuovamente di "ragazzi di vita", ma anche perché cita abbondantemente Pasolini. Lo omaggia attraverso alcune scene, come il gruppo perennemente fuori dal bar che commenta sarcasticamente le vicende di Cesare e Vittorio; con la perfetta scelta di Alessandro Bernardini nel ruolo del personaggio di Brutto, la cui fisionomia e la cui voce ricalcano quella del personaggio di Balilla (Mario Cipriani) nel film Accattone; oppure con il personaggio di Lenzetta (Emanuele Grazioli), il cui soprannome è un omaggio a un ragazzo "filone" del romanzo Ragazzi di vita. Non essere cattivo è l'ultimo arrabbiato atto cinematografico di Caligari. Imperfetto nella costruzione come le sue due pellicole precedenti, rimane comunque un'opera interessante. Nello stile "freddo" adottato si sente che sotto pulsa la rabbia di tutto quello che Caligari avrebbe voluto urlare. Ugualmente si respira, nei fotogrammi, la fine prossima che attendeva Caligari. Purtroppo quello che difetta maggiormente è il programmatico risvolto drammaturgico attuato per raccontare questo squarcio di vita violenta. A una prima parte molto più "etnologica" si passa a una seconda che diviene melodrammatica, come dimostra la morte della nipote di Cesare. Un commiato crudo nell'essenza, che però, nel suo ultimo close-up ci mostra la speranza per un futuro migliore.
(La recensione del film "
Non essere cattivo" è di
Roberto Baldassarre)
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