di R. Gaudiano
[
Nome di donna recensione] - Nina (Cristiana Capotondi) è una giovane donna, madre di una bambina che ha cresciuto da sola. Ha un compagno, Luca (Stefano Scandaletti), architetto, che lavora a Milano. Nina, costretta ad allontanarsi da Milano, si trasferisce in un piccolo paese della Lombardia, avendo trovato lavoro in una facoltosa struttura per anziani. Soddisfatta per aver conquistato una certa indipendenza economica, Nina però, suo malgrado, si trova a fare i conti con l'ambiente subdolo che regna in quella lussuosa casa di riposo, dove le molestie da parte del direttore sono lo scotto da pagare per le giovani assistenti e le inservienti come Nina. Non c'è dubbio che il soggetto sia molto attuale, in un momento in cui le donne hanno deciso di venire allo scoperto per denunciare molestie e violenze. "Nome di donna", diretto da Marco Tullio Giordana e da lui stesso sceneggiato insieme a Cristina Mainardi, mette sotto i riflettori le vessazioni e le molestie che degenerano in vere e proprie violenze di cui le donne sono vittime nell'ambiente del lavoro. Una sorta di sub-cultura dell'accondiscendenza che pervade il quotidiano lavorativo di un ambiente all'apparenza rispettabile, ma che nasconde miserie umane con vittime e carnefici. Chi ha il potere lo esercita a 360°. Uomini spudorati, sopraffatti da un'indole intrisa di sporcizia d'animo, non si fanno scrupoli nel concepire le donne a loro sottoposte come oggetti di divertimento e sollazzo personale. Donne a cui elargiscono mortificazione, vergogna, mentre loro, gli uomini di potere, sono coperti da un silenzio imposto con ricatti che fanno presa su inevitabili bisogni economici. "Nome di donna", come soggetto ed idea centrale aveva tutte le carte in regole per essere un altro lavoro ragguardevole firmato Marco Tullio Giordana. Ma così non è. Il film resta statico nella sua narrazione didascalica, piatta, prevedibile, priva della forza ammaliatrice e trascinante che invece troviamo negli altri lavori del cineasta milanese. Nel dramma esistenziale della giovane Nina, che con ostinazione e forza d'animo porta avanti la sua battaglia per avere giustizia sulle molestie subite, Giordana inserisce colpe e colpevoli sommersi, preti avidi e preti che si nascondono dietro il segreto della confessione, omertà e negazione delle stesse colleghe di lavoro di Nina su ogni possibile evidenza di fatti e cose. Tutto andrebbe bene, ma per il modo in cui è raccontato il tutto, il lavoro cinematografico finisce per svilirsi e lo spettatore ha la sensazione di trovarsi più davanti al televisore di casa propria che non al cospetto del grande schermo cinematografico.
(La recensione del film "
Nome di donna" è di
Rosalinda Gaudiano)
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