NINOTCHKA di Ernst Lubitsch
di Veronica Ranocchi
Scopo di questa rubrica è analizzare i grandi film del '900 e quindi di IERI. Contestualizzarli ad OGGI per comprendere se la prova del TEMPO li ha resi ETERNI o superati. Verranno prese in considerazione solo opere che all'epoca vennero reputate CAPOLAVORI per sviscerare, analizzandone il contenuto e la forma, gli aspetti che li hanno resi tali da essere circoscritti al loro TEMPO per ovvi motivi sociali, o ETERNI, anche OGGI e DOMANI.
Una delle commedie romantiche più riuscite del regista tedesco naturalizzato statunitense Ernst
Lubitsch è "Ninotchka", nella quale, sfruttando l'escamotage del tema amoroso, cerca anche di dare
una propria visione della realtà e della società dell'epoca.
Il film si apre a Parigi, città nella quale il governo sovietico invia tre agenti, Iranoff, Bulianoff e
Kopalski, per rivendere i gioielli che sono stati confiscati alla granduchessa Swana, adesso esule in
Francia, durante la rivoluzione russa. Così facendo i tre hanno il compito di riportare nel proprio
paese il denaro. La donna, però, incarica il proprio amante, il conte Leon, di impedirne la vendita in
modo da riappropriarsene. A questo punto allora l'uomo decide di avvicinare i tre agenti
immergendoli completamente nella vita parigina e nei piaceri che questa comporta per fare in modo
che cadano nella trappola architettata da lui e dalla donna amata. Così facendo, però, i tre uomini
iniziano a dare nell'occhio e le voci sul loro comportamento giungono al governo russo che decide di
inviare immediatamente presso di loro il proprio miglior agente per far sì che possa rimettere a posto
la situazione. L'agente in questione è una donna molto severa e rigida, Nina Ivanovna Yakushova,
che colpisce fin da subito il conte Leon. Questi inizia una corte spietata alla russa che, a poco a poco,
cede, lasciandosi conquistare non solo dall'uomo, ma anche della vita parigina e occidentale, così
come i tre che avrebbe dovuto controllare. Non è più, quindi, l'austera Nina Yakushova, ma si
trasforma ben presto nella bella e scatenata Ninotchka.
Naturalmente il comportamento della donna e l'avvicinamento tra lei e Leon destano i più che fondati
sospetti, che si trasformano poi in certezze, di Swana che, gelosa e invidiosa decide di contrattaccare
e riesce a rubare i gioielli che i tre avrebbero già dovuto vendere e, con questi, li ricatta: li restituirà
soltanto nel momento in cui Ninotchka se ne andrà per tornare nel proprio paese. La protagonista,
anche se a malincuore perché ormai innamorata di Leon, decide di darla vinta alla sua rivale e di
tornare in patria per evitare scandali o simili.
Una volta tornati in patria i quattro agenti ricordano i bei momenti passati insieme in Francia, mentre
Leon soffre terribilmente perché sempre più convinto di essere, a ragione, innamorato perdutamente
di Ninotchka. L'unica cosa che gli resta da fare è raggiungere, o almeno tentare, la donna amata,
chiedendo un visto per l'URSS. Ma gli viene negato dall'impiegato dell'ufficio del turismo russo.
Trascorso del tempo i tre vengono nuovamente inviati in una sorta di missione, stavolta a
Costantinopoli, dove hanno il compito di vendere tappeti preziosi per riportare un po' di soldi nelle
casse dello stato. Qui incontrano Leon che li ha seguiti ed ha in mente un piano strategico per
incontrare nuovamente Ninotchka pur non potendo recarsi da lei. Infatti pensa che l'unico modo sia
far andare lei da lui e, proprio per questo, spinge i tre a compiere le stesse sregolatezze compiute
tempo prima a Parigi. I tre, che si fanno presto convincere, si abbandonano di nuovo e con facilità ai
piaceri della vita locale tentando addirittura di aprire un ristorante. Questo loro comportamento,
naturalmente, non passa inosservato ed arriva nuovamente al governo di Mosca che convoca
immediatamente Ninotchka e la redarguisce per non aver saputo rimettere in riga i tre uomini e anzi
averli difesi in territorio francese. Per sistemare la situazione la donna viene, quindi, nuovamente
inviata in missione. Ma una volta giunta a Costantinopoli incontrerà Leon che la convincerà a
rimanere con lui.
Aiutato nella stesura della sceneggiatura da dei veri e propri colossi del genere, quali Walter Reisch
e Billy Wilder, l'opera di Lubitsch rientra tra i suoi capolavori, nonostante l'apparente semplicità con
la quale è trattata e che trasmette al pubblico.
Fra l'altro c'è da considerare il fatto, non di poco rilevante, che per il ruolo della bella Ninotchka il
regista volle Greta Garbo che, nella sua importante carriera, annovera solamente questa
interpretazione in film di questo genere. E' stata, quindi, una vera e propria scommessa quella di
Lubitsch che, però, risulta, alla fine, più che efficace, vista la resa dell'opera.
Il dualismo, più che evidente, nel lungometraggio è uno dei tratti salienti, attraverso il quale il regista
si prende gioco di più realtà contemporaneamente, talvolta anche rischiando, ma mettendo comunque
in evidenza una sua unica leggerezza. Questo dualismo è ben evidente nella rappresentazione dei vari
paesi: la Russia dell'Unione Sovietica appare completamente diversa rispetto agli altri paesi che,
invece, risultano identici, ma solo perché fungono da contraltare. Per questo Parigi è identica a
Costantinopoli ed entrambe rappresentano una sorta di luogo di perdizione per chiunque ci si rechi,
come nel caso dei tre agenti che, una volta ambientatisi, mutano completamente atteggiamento, modo
di fare e anche pensiero. La staticità e la similitudine tra Parigi e Costantinopoli, però, non è solo una
presa in giro per queste due città e per la società che vive in queste due realtà, ma è anche e soprattutto
un modo per prendere in giro, in maniera non troppo evidente, la realtà opposta. Un capitalismo
all'eccesso che Lubitsch cerca di sviscerare, in maniera ironica e provocatoria.
All'opposto del dualismo c'è sicuramente un ritmo binario, che più che fare riferimento al dualismo,
si ritrova nella ripetizione degli eventi, delle azioni, dei gesti e delle scelte. Tutto torna due volte
perché inizialmente deve essere criticato, in secondo luogo, invece, viene accettato, dopo essere stato
giudicato e aver valutato positivamente gli aspetti in dubbio.
E la forza del film risiede proprio in questi due aspetti che si riassumono in maniera più che efficace
nella figura di Ninotchka, lontana dal suo territorio. Il dualismo, tra lei e le persone che la circondano
in una realtà a lei estranea, e il fatto che, però, alla fine, la donna torni sui suoi passi e ripensi a quanto
detto e fatto sono la vera chiave, sia di svolta che di lettura, del film. La comicità sta proprio nel
vederla come una sorta di mosca bianca in una realtà che non le appartiene, ma che, anzi, le è
completamente estranea e verso la quale lei sembra non muovere nemmeno un passo.
Si tratta di una comunicazione disfunzionale quella che avviene tra la donna e gli altri personaggi che
praticamente parlano una lingua diversa, non solo a livello strettamente linguistico, ma una lingua
intesa anche come comportamenti, modi di fare e scelte. E la Garbo interpreta alla perfezione questo
"pesce fuor d'acqua" grazie alla sua interpretazione e al suo "personaggio" di diva integerrima, non
frequente nelle commedie di questo genere. La sua rigidità, tratto caratteristica anche di Ninotchka,
contribuisce a rendere il tutto ancora più innaturale, assurdo e, di conseguenza, comico.
Un classico senza tempo grazie a tutti questi elementi che, messi insieme, danno vita ad un prodotto
universale, che ancora oggi è valido e può essere visto da uno spettatore moderno che può leggerlo
adattandolo a qualsiasi situazione. Lo era IERI, lo è OGGI, e lo sarà DOMANI.