La recensione del film My Generation

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MY GENERATION - RECENSIONE

My Generation recensione
Recensione

di E. Torsiello
[My Generation recensione] - Gli anni a cavallo tra il Sessanta e Settanta sono giocati su un rapporto opposto e dicotomico tanto interessante, quanto rasente il bipolarismo sociale. Sono gli anni della guerra e dei movimenti pacifisti; del rock 'n roll e del razzismo; della libertà sessuale, delle minigonne e del femminismo; dei Beatles e Rolling Stones. Tra le pieghe di quel tempo comincia a germogliare una generazione che su questi aspetti tanto dialettici, quanto intersecati, viene alimentata e cresciuta. Come un grande burattinaio, questo decennio soggioga e influenza ogni ragazzo cresciuto sotto i suoi occhi, muovendo le sue fila temporali tra le pagine bianche degli scritti in esso composti, nei pensieri elaborati, negli accordi delle canzoni, o nel compimento di ogni gesto. A dare voce in My Generation a quei tempi passati e colmi di nostalgia di vita vissuta - o solo sognata - è Michael Caine. Ad aiutare l'attore inglese nel ruolo di testimone e guida spirituale di un viaggio del cuore, piuttosto che del tempo, sono altri tasselli imprescindibili nella costruzione del tempio memoriale di quegli anni: Paul McCartney, Twiggy, Donovan e molti altri. Le loro sono solo voci, mai sguardi in camera; i loro corpi sono relegati nell'oscurità. Tutti (ad eccezione di Caine) si fanno pensieri, ricordi parlanti, memorie informi la cui presenza fisica è sostituita da immagini di repertorio che acuiscono il senso di ciò che viene detto in una commistione di malinconia e adrenalina di anni ormai lontani e irripetibili. Gli anni più belli sono quelli che vorremmo aver vissuto, e gli anni Sessanta, con quell'aura di libertà e ribellione che li avvolge, sono l'oggetto temporale più bramato dai giovani sognatori e idealisti di oggi. La bellezza e la forza di My Generation sta nel suo concepimento di documentario sotto forma di collage fatto di filmati d'epoca, digitalizzati certo, ma forti del logorio del tempo che scorre. La patina polverosa che attenua i colori delle immagini che scorrono sullo schermo sono le rughe orgogliosamente sfoggiate da una donna come segno di un tempo felice ormai passato; i Beatles che cantano in America, Twiggy che posa su un set fotografico, Michael Caine sul set, lo scatto delle macchine fotografico e il rullino che si riavvolge, sono tanti ingranaggi saldati insieme da un montaggio minuzioso e ritmato per dar vita a una macchina del tempo lanciata a tutta velocità verso anni che molti hanno vissuto, ma molti altri hanno solo sognato di vivere. Quando le parole e i ricordi non sono abbastanza, ci pensa una colonna sonora che pare uscita da un vinile che gira elegantemente su un giradischi in salotto. My Generation degli Who passa il testimone a (I can't get no) Satisfaction dei Rolling Stones e You really got me dei Kinks; le voci di Mick Jagger, Ray Davies, John Lennon sono una ninna nanna che ipnotizza lo spettatore e lo trasporta in un viaggio onirico verso il mondo della Swinging London. Sarà solo la parola fine posta al termine di My Generation a spazzare via, come un'esplosione, gli ultimi sbuffi di bioluminescenza del sogno che non vorresti finire mai. (La recensione del film "My Generation" è di Elisa Torsiello)
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