di D. Di Benedetti
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Mustang recensione] - In un remoto villaggio della Turchia, all'inizio dell'estate, Lale e le sue quattro giovani sorelle scatenano uno scandalo dalle conseguenze inattese per essersi messe a giocare con dei ragazzini tornando da scuola. La casa in cui vivono con la famiglia si trasforma per questo, poco alla volta, in una prigione; i corsi di economia domestica prendono il posto della scuola e per loro cominciano ad essere combinati i matrimoni. Animate dallo stesso desiderio di libertà, le cinque ragazze si sottrarranno alle costrizioni loro imposte, ognuna a suo modo.
"Mustang" è il folgorante esordio alla regia della giovane turca Deniz Gamze Ergüven, che aveva già mosso i primi passi nel mondo del cinema nel 2006 grazie al suo corto, realizzato per superare l'esame del diploma alla Fémis di Parigi, dal titolo "Bir Damla Su" ("Une goutte d'eau"), selezionato poi alla Cinéfondation del Festival di Cannes e premiato al Festival Internazionale di Locarno. Aprendosi con l'immagine di una donna velata che fa una bolla con la gomma da masticare, il cortometraggio di 19 minuti raccontava il tentativo di emancipazione di una giovane turca (interpretata dalla stessa Deniz) che si ribella contro il sistema patriarcale e l'autoritarismo imposto dagli uomini della sua comunità.
"Mustang" (scelto dalla Francia, perché qui prodotto, per rappresentarla alla corsa alla corsa all'Oscar per il miglior film straniero), proprio come "Bir Damla Su", parla di emancipazione femminile, libertà, forza, vitalità e sessualità. Una sorta di "Giardino delle Vergini Suicide" in salsa turca, dove un gruppo di cinque giovani ragazze si ribella alle condizioni imposte da una società maschilista e misogina in cui la donna è limitata nella vita e nel proprio percorso personale di realizzazione, serva di uomini a cui è concesso tutto.
In questo tetro e purtroppo ancora attuale scenario in diverse realtà del mondo musulmano, la grande città di Istanbul viene vista dalle protagoniste come la meta ultima da raggiungere per respirare la libertà tanto sognata. Ma non tutte riescono nel loro intento: le più grandi, ad esempio, vengono date in spose a perfetti sconosciuti. Il gruppo forte, libero e vitale che appare ruggente e illuminato dal sole nella prima parte del film (il titolo del film sottolinea proprio questa forza e vitalità, poiché il "mustang" è un cavallo selvaggio e indomito), pian piano si assottiglia e si spegne, man mano che gli uomini scelti dall'autoritaria nonna si insinuano, uno dopo l'altro, nella casa delle ragazze (che si fa col tempo una vera e propria prigione in cui ogni riferimento esplicito alla propria sessualità deve essere necessariamente taciuto).
"Mustang" è una storia corale che si fa inno alla libertà e all'emancipazione femminile attraverso uno stile registico senza particolari virtuosismi che sa però cogliere alla perfezione le singole sfumature caratteriali delle protagoniste e affidare alla più piccola del gruppo la qualità chiave del film: la forza di affrontare il sopruso e la società e inseguire la libertà, contro tutto e tutti.
(La recensione del film "
Mustang" è di
David Di Benedetti)
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