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Mood Indigo recensione] - Il nuovo mondo di Audrey Tatou ha ancora i colori dei sogni. Dopo quello di Amelie, la protagonista Chloe (interpretata, appunto, dalla sempre deliziosa attrice francese) si ritrova a vivere in un mondo impregnato di magia e di elementi onirici e surreali.
La giovane donna è la protagonista di Mood indigo-l'ècume des jours- storia agrodolce ambientata in una Parigi fantastica e romantica. Qui vive anche Colin (Romain Duris), giovane e ricco idealista, con il suo estroso maggiordomo Nicolas (Omar Sy di Quasi amici) che è sempre alle prese con luculliani e originali pranzetti.
Colin è un uomo benestante che passa le sue giornate dedicandosi ai più strani passatempi con il suo amico Chick (Gad Elmaleh), fervente seguace del filosofo esistenzialista Jean-Sol Partre (chiara evocazione satirica di Jean Paul Sartre). Ognuno di loro vive la propria vita, fin quando ad un party, Colin e Chloe si incontrano, si conoscono e si piacciono. Inizia così la loro dolce storia d'amore all'interno di una cornice assurda e sognante. Il loro mondo è un mondo di eccessi e no-sense, formato da strani personaggi che esistono solo lì: uomini che escono dai forni, pianoforti che fanno cocktail, topini impertinenti, personaggi con mani che roteano e con gambe che si allungano per ballare strani balli. Solo un regista come Gondry poteva rendere così chiara e nitida questa storia d'amore che nasce dalla penna dello scrittore francese Boris Vian che, nel 1947, scrisse questo romanzo diventato in pochissimo tempo popolare. Già con i suoi precedenti film, Gondry aveva dato ampia dimostrazione del fatto che gli piacesse giocare con l'immaginazione, con i colori, con mondi intangibili e già ben rappresentati in L'arte del sogno e in The eternal sunshine of a spotless mind. Grazie anche all'aiuto di Christophe Beaucarne ha messo a punto una nuova e bislacca composizione visiva che un po' strizza l'occhio alle precedenti riaprendoci a quel già conosciuto universo visionario. Ma ad un certo punto del film la direzione di marcia si inverte e la fotografia segue l'andamento della storia: l'amore, l'entusiasmo, i colori saturi e vivaci lasciano spazio alla preoccupazione, a toni cupi e a colori tetri. Lo spettatore si ritrova non più illuminato da questa cromia che caratterizza tutta la prima parte del film, ma sempre più immerso nel buio, nei gialli e nei grigi anonimi. Una realtà che stride con quella iniziale ma che seguendo un andamento parabolico, nasce, cresce e poi muore.
Si, perché è proprio quello che succede alla protagonista. Dopo aver vissuto a pieno al sua storia d'amore, si rende conto al ritorno dalla luna di miele di essersi ammalata e di necessitare di cure. Il loro matrimonio, fulmineo e felice, si tramuta in dramma. Una ninfea cresce dentro i suoi polmoni togliendole il respiro (metafora evidente del cancro che la sta aggredendo), si impossessa pian piano del suo corpo fino a trascinarla verso la fine. Per aiutare la sua amata, Colin, compra tutti i fiori freschi che esistono perché sembra essere l'unico modo per cercare di trarla in salvo. Ma niente da fare. La loro storia d'amore è destinata a terminare e il loro mondo a desaturarsi pian piano. Le architetture diventano spettrali. Le pareti si riempiono di crepe e ragnatele. I rapporti con i suoi amici di sempre si sfaldano. E' questo ciò che succede in questa storia, tanto surreale quanto emotivamente vicina alla realtà, dove momenti di grande tristezza si alternano a sprazzi violenti di allegria e gioia di esistere.
La trama di Mood indigo (che per non dimenticarlo è anche il titolo di un album di Duke Ellington e Chloe il nome di un suo brano) è molto piena di elementi, metafore ed allegorie ma anche molto lineare. Lei non rimane pesante nè eccessiva. Ciò che lo risulta un pò è il film nel complesso che avrebbe fatto volentieri a meno di qualche scena e minuto in più. I personaggi perfetti per Gondry, i ruoli e le storie cucite ad hoc su di loro: gentile e dolce lei, divertente e premuroso lui. Ma talvolta alcune leziosità di troppo si possono evitare per rendere la visione più fluida. Il troppo soffermarsi e ricamare, si sa, a volte stroppia. Anche ciò che sembrava perfetto.
Ciò che costruisce la storia e che rende questo film leggero e delicato è ovviamente la forza del racconto, così onirico e assurdo e la visionarietà del regista che anche questa volta dipinge con atmosfere giocose tipiche della fiaba questa pellicola che diverte gli occhi e riempie il cuore di semplici piaceri.
(La recensione del film "
Mood Indigo" è di
Maria Azzurra Carmosino)
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