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Molly's Game recensione] - Dall'esordio alla regia di Aaron Sorkin, già sceneggiatore di La guerra di Charlie Wilson, The social network, per cui si è aggiudicato il premio Oscar, L'arte di vincere e Steve Jobs, la prima cosa che ti aspetti è che sia scritto bene. E Molly's game, esordio alla regia di Aaron Sorkin, anche sceneggiatore, è scritto bene. Com' è nelle sue corde – i titoli testé citati lo dimostrano – lo spunto della vicenda è una storia incredibile ma vera che egli si diverte a riscrivere, sezionare, rimontare al contrario, romanzare e ispessire alcuni aspetti piuttosto che altri affinché fuoriesca la parte umana dei protagonisti e da lì riuscire a trovare la lezione morale del racconto. Perchè c'è sempre una lezione da trarre, c'è sempre una parte buona da salvare in ogni essere umano. Tratto dal romanzo omonimo autobiografico, Molly's game appunto, il film ripercorre a ritroso la parabola di Molly Bloom, promessa dello sci free style che a causa di un malaugurato incidente è costretta ad abbandonare le gare e, per delle strane traiettorie del destino, a diventare la più celebre organizzatrice di partite clandestine di poker di Los Angeles e New York. Partite da 250mila dollari come buy in che hanno attratto l'attenzione di star dello sport, banchieri miliardari e divi di Hollywood come Leonardo Di Cabrio, Tobey Maguire e Ben Affleck. La parabola si conclude con l'arresto del 16 aprile 2013, Molly Bloom è accusata di riciclaggio di denaro sporco e scommesse illegali, accuse da cui riuscirà ad uscirne quasi indenne grazie all'aiuto dell'avvocato Jim Walden (Idris Elba doppiato da Luca Ward, inascoltabile!) che, contrariamente all'opinione pubblica che ama la caccia alla streghe (leggi il Crogiuolo), comprese la sostanziale onestà e buona fede della cliente. Voce fuori campo, continui flashback, i botta e risposta repentini che hanno reso famosi i dialoghi di Sorkin, il montaggio serrato, interrotto da momenti avulsi dal racconto principale, le fonti d'ispirazione sono state dichiarate apertamente dallo stesso Sorkin: Quei bravi ragazzi e il più recente La grande scommessa. Non potevano esserci ispirazioni più calzanti. Dopo Tonya, ma meno incline al grottesco, ecco un altro biopic tutto al femminile che suona come la risposta hollywoodiana, forse un filino paracula, allo scandalo Weinstein. In un momento storico dominato da un femminismo di ritorno su cui nutriamo forti perplessità, non si sono mai visti tanti film con le donne in veste di protagoniste assolute. Ben vengano, per carità, ma non solo perché di moda. Molly's game è sì la classica storia americana di ascesa caduta e rinascita, del sogno americano incarnato da colui che parte dal niente e ce la fa, della ricerca della felicità e del successo perseguita ad ogni costo, ma è prima di tutto la storia di una donna forte che si muove in un mondo di uomini e contro tutto e tutti riesce a trionfare contando solo sulle proprie forze, senza tra l'altro mai perdere la propria femminilità, donna simbolo perfettamente interpretata da una Jessica Chastain che non si fa ridurre a donne oggetto pur in mezzo alle difficoltà più nere e pur esibendo per tutto il film una sfilza di décolleté da far girare la testa.
(La recensione del film "
Molly's Game" è di
Mirko Nottoli)
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