La recensione del film Mission Impossible Rogue Nation

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MISSION: IMPOSSIBLE - ROGUE NATION - RECENSIONE

Mission Impossible Rogue Nation recensione
Recensione

di R. Baldassarre
[Mission Impossible Rogue Nation recensione] - Sono passati vent'anni dalla prima puntata cinematografica di Mission Impossible. Nell'arco di quattro lustri si sono avvicendati diversi registi che hanno diretto gli episodi con le loro peculiarità stilistiche, ma il plot e il protagonista è sempre rimasto stolidamente il medesimo. Questa particolarità di cambiare ha certamente qualcosa che rimembra i serial televisivi, oppure altre saghe cinematografiche, come per esempio la serie di Agente 007, di Jason Bourne e anche del coatto Fast & Furious, però questi continui cambi marcano soprattutto come Mission Impossible è una creazione di Tom Cruise; anzi, il giocattolo specchio del divo, che può rimirarsi e farsi guardare dal vasto pubblico. Nei vent'anni che sono trascorsi Tom Cruise è stato sempre il perno su cui doveva ruotare tutta la storia e l'azione, come capitava agli svariati 007, però con la differenza che comprimari e antagonisti non devono adombrarlo con bravura attoriale o fascino fisico. I malvagi sono sempre incolori – escludendo Philip Seymour Hoffman del terzo capitolo –, e il protagonista Tom ha il gioco (da leggere come missione) facile per avere grondanti applausi. Però il franchise Mission Impossible è soprattutto la salda conferma che è l'investimento più redditizio del divo Tom. La sua ultra trentennale carriera con il tempo si è appannata, per pellicole errate e/o per motivi privati (Scientology), e Mission Impossible è, in sintesi, la granitica garanzia dell'ennesimo mega e sicuro successo. La prima spericolata scena di questo Rogue Nation, cioè l'iper adrenalinica scena in cui Tom Cruise resta avvinghiato a un aereo cargo in decollo, sintetizza perfettamente come il divo, ormai cinquantenne, si regga tenacemente con le unghie a questa fruttuosa e audace saga cinematografica. Questa strombazzata scena, però, è solo l'assaggio, pre-titoli di testa, di Mission: Impossible – Rogue Nation, perché il quinto capitolo è un tonitruante susseguirsi d'iperboliche scene d'azione, in cui a una temeraria scena deve seguirne una più fragorosa. Una fitta stratificazione di momenti ad alto tasso di azione che bombarda ampiamente lo spettatore. Non si ambisce più a stupire, ma a stordire. Un netto stacco rispetto al precedente Protocollo fantasma, che recuperava uno stile e un'andatura (interrotta da ottimi e fragorosi momenti di action) più classiche. Rogue Nation è, come si è detto, un "altare" visivo al divo Tom, dall'altro uno spy-action che fa dell'accumulo (audiovisivo) la sua potenza. Tom Cruise deve sempre (di)mostrare il machismo del suo personaggio, con scene spericolate che spaziano in diverse discipline off-limits. Il plot, curato dallo stesso Christopher McQuarrie, deve accontentare i vezzi egocentrici del protagonista e raccogliere, nella trama, più occasioni effettistiche possibili, anche per i comprimari-vassalli. Quest'agglomerato multi livello d'azione sembra un sunto dei quattro capitoli precedenti, ripresi e shakerati. L'incursione "sospesa" nella stanza subacquea dei PC o l'inseguimento amoroso in moto, sono in pratica delle pseudo citazioni enfatizzate dei primi due capitoli. Mission Impossible 5, inoltre, è eccessivo anche nella modellazione – fisica – del divo Tom. Se in Protocollo fantasma Ethan Hunt finiva ben due volte lacerato in ospedale, in Rogue Nation diviene quasi un personaggio Marvelliano; un (super)eroe che sfida qualunque avversità senza rimanere minimamente leso. Invulnerabile, in poche parole. Ulteriore aspetto interessante è come la saga di Mission Impossible sembra avere sempre più somiglianze con la storica e longeva serie di Agente 007. I malvagi da sconfiggere questa volta fanno parte di una fantomatica congregazione denominata Sindacato, un gruppo malefico che ricorda, inevitabilmente, la nota Spectre. E altro aspetto bondiano è la figura femminina che prende sempre più le fattezze delle diverse "Bond-girls". Il personaggio di Ilsa Faust, interpretato dalla fascinosa ma poco memorabile Rebecca Fergunson, ha dei chiaroscuri caratteriali di famose e attraenti figure femminine che hanno ammaliato il noto agente segreto britannico. Mission: Impossible – Rogue Nation, in parole spicce, è un ricco plot audiovisivo, ma che per l'ennesima volta non centra pienamente il bersaglio. Ritornano i comprimari Pegg e Renner, oltre al grasso ritorno di Ving Rhames, però l'alchimia resta ugualmente a metà. Il regista Christopher McQuarrie, lodato sceneggiatore e già fortunato collaboratore di Cruise in alcune pellicole precedenti (Operazione Valchiria, Jack Reacher – La prova decisiva, Edge of Tomorrow), cerca di inserire nel frastornante magma visivo delle finezze psicologiche nei personaggi, ma anche queste accortezze restano sempre in superficie. Un quinto capitolo, in pratica, che resta un'opera avvincente durante la visione, ma che non convince appena si accendono le luci della sala; e diviene quasi dimenticabile con il passare del tempo. Questo fattore, probabilmente interessa poco alla produzione, perché i primi dati dei Box Office dimostrano che anche questa volta Mission Impossible è riuscito ha impressionare le platee, e un Tom Cruise sempre più legato a Ethan Hunt rivela che ci sarà presto un sesto capitolo. Sperando che il prossimo capitolo sia migliore, bisogna guardare questo Rogue Nation come un assordante blockbuster action, che nelle oltre due ore offre un buono spettacolo fragoroso. (La recensione del film "Mission Impossible Rogue Nation" è di Roberto Baldassarre)
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