La recensione del film Mi rifaccio vivo

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MI RIFACCIO VIVO - RECENSIONE

Mi rifaccio vivo recensione
Recensione

di David Di Benedetti
[Mi rifaccio vivo recensione] - Di anime defunte tornate dal regno dei morti per salvare la vita propria e quella dei propri cari la storia del cinema ne è piena, soprattutto quella americana. Dopo "L'uomo nero", Sergio Rubini decide di allontanarsi dal film autobiografico (e quindi dalla sua Puglia) a favore di una commedia dai toni sovrannaturali, con cifre stilistiche non molto dissimili da quelle delle commedie sentimentali che hanno fatto la fortuna di registi come Frank Capra. "Mi rifaccio vivo" è, in realtà, una commedia non totalmente estranea ai contenuti filmografici dell'attore-regista pugliese: come nell' "Anima Gemella", film del 2002, Rubini racconta di nuovo uno scambio d'identità tra due personaggi in forte competizione tra loro, costretti a fare i conti con il destino e aiutati da forze sovrannaturali a risolvere dei veri e propri problemi esistenziali. Qui, però, i protagonisti non sono due donne, bensì due uomini: Biagio Bianchetti (Lillo Petrollo) e Ottone Di Valerio (Neri Marcorè), acerrimi nemici sin dai tempi dell'infanzia. In seguito all'ennesima sconfitta lavorativa subita per mano di Ottone, pensando di mettere finalmente un punto alle sue disgrazie, Biagio decide di farla finita. Una volta trapassato, scopre che, per una buona azione compiuta in vita, ha diritto a un bonus: potrà tornare sulla terra reincarnandosi nel corpo di un altro per una settimana e dimostrare, così, di essere un uomo migliore. Biagio sceglie allora di reincarnarsi in Dennis Rufino (Emilio Solfrizzi), un super manager nelle cui mani Ottone ha consegnato le sorti della sua azienda. Deciso a fargliela pagare per tutti i torti subiti, Biagio tenterà di far fallire l'azienda del rivale scoprendo, però, che dietro l'immagine dell'uomo vincente si nasconde una persona insicura, fragile e che, non diversamente da lui, è a un passo dalla rovina. Tutti conoscono il detto "l'erba del vicino è sempre più verde", ma siamo sicuri che quest'affermazione sia effettivamente vera? A questa domanda (piuttosto retorica) Rubini risponde che solo entrando nel giardino del vicino si può confermare (o smentire) una tale supposizione. Entrare nel giardino suddetto significa, però, manifestare l'intenzione a conoscere il proprio nemico, rischiando così di mostrarsi deboli ai suoi occhi. In realtà, continua Rubini, è proprio conoscendo ciò che è ignoto, evitando di arroccarsi nel pregiudizio, che rendiamo noi stessi più forti e consapevoli di ciò che ci circonda, proprio perché è nel dialogo e nel confronto che risiede la conoscenza. Pregno quindi di un buonismo intellettuale che, paradossalmente, sembra rispecchiare l'attuale situazione politica italiana (anche se lì il dialogo è solo di facciata), e con qualche critica sociale e religiosa (ad accogliere le anime dell'aldilà non c'è San Pietro, ma Karl Marx), il film presenta notevoli tempi morti che bene non fanno al ritmo narrativo, nel complesso piuttosto debole. Non mancano certo momenti comici e divertenti, grazie soprattutto a una comicità "slapstick" che privilegia la fisicità e le gag a scapito di dialoghi brillanti, ma la costruzione dell'identità del personaggio principale, interpretato da Lillo Petrollo e nella sua reincarnazione dal bravissimo Emilio Solfrizzi, presenta alcune scelte discutibili, tra cui quella dello sdoppiamento allo specchio che non può non generare, inizialmente, qualche domanda sull'effettiva riuscita di questo particolare gioco narrativo. "Mi rifaccio vivo" non è sicuramente il film migliore di Rubini (le cui capacità istrioniche non sono assolutamente da mettere in dubbio): il suo limite più grande risiede nella mancanza di situazioni, perché troppo concentrato a definire le personalità e i cambiamenti dei protagonisti, con risultati poco efficaci. La debolezza risiede forse proprio nel regista che, allontanandosi dal sentiero tracciato dell'autobiografia e dall'ambientazione pugliese, ha forse incontrato alcune difficoltà nell'affrontare una realtà fuori da quel terreno che ha fatto in passato la sua fortuna. (La recensione del film "Mi rifaccio vivo" è di Davi Di Benedetti)
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