di R. Gaudiano
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Metro Manila recensione] - Si emigra dal luogo dove si vive quando la fame e la miseria diventano le uniche presenze del quotidiano. Oscar Ramirez (Jake Macapagal), contadino in una fattoria di riso in una provincia sperduta del Nord delle Filippine, ex soldato, padre due bambine, decide di immigrare nella grande metropoli filippina, Manila, con la moglie e le figlie. Una famiglia unita, provata da una povertà non più sostenibile, approda nella variegata umanità di Manila, sperando in una vita migliore e più dignitosa. La metropoli presto si rivela un luogo ingannevole, che rigurgita di trappole ed inganni e dove la vita umana ha poco valore. Ad Oscar sembra incredibile aver avuto un bel colpo di fortuna. Uomo docile, rispettoso e volenteroso di lavorare, Oscar è assunto come agente di sicurezza ai blindati di trasporto valori, sotto l'ala protettrice del suo capo, la cui benevolenza però rivelerà presto il suo vero volto delinquenziale. Mai (Althea Vega), sua moglie, per guadagnare qualche soldo, finisce in un bar equivoco ad allietare uomini in cerca di giochi sessuali. Sean Ellis, qui regista e sceneggiatore insieme a Frank E. Flowers, ma anche direttore della fotografia, trae l'idea di realizzare "Metro Manila" durante una sua visita nella metropoli filippina dove assiste ad una lite furibonda tra due dipendenti di una società di trasporti blindati, armati di mitra, giubbotti antiproiettile e caschi Kevlar, davanti al loro blindato. Essendo Ellis un esperto nella fotografia, usa con maestria il linguaggio cromatico, la poesia della fotografia, nel parallelismo tra i colori caldi e naturali della campagna e quelli freddi e statici della metropoli che pullula di un'umanità–immagine, parca di ogni forma di morale. La fiducia nella rivalsa di una vita migliore, Sean Ellis la cattura sul volto di Oscar che ascolta gli ordini, che guarda sua moglie e le sue figlie sotto una pioggia battente, mentre flash-back del suo amico Alfred Santos, disperato dirottatore di aereo, si presentano in parallelo come accostamenti visivi. Qual è il prezzo da pagare per il riscatto dalla povertà per la sua famiglia? Ad Oscar si presenta la soluzione e la persegue, anche se sa che il prezzo sarà molto alto. Vincitore del Premio del Pubblico al "Sundance Film Festival" 2013 e altri premi e nominations, "Metro Manila" riesce a proporsi in modo originale come opera di un certo spessore sociale e poetico, come cinema indipendente, profondo ed intimista, nonostante i suoi limiti e la sua etica. Ellis lavora su una comunicazione più che altro documentaristica, in contrapposizione ai film hollywoodiani, usando un linguaggio cinematografico non standardizzato, pratico, ma molto efficace e la voce off come indicatore di filtro interpretativo. In un'atmosfera metropolitana confusa, dove l'uomo è solo e preda della corruzione e degli abusi, l'Oscar di Ellis è comunque vittorioso, forte del ricordo di quell'Alfred Santos, che scelse, come lui, la lotta alla sopraffazione ed è così che il contadino di campi di riso, metaforicamente rappresenta la lotta, la tenacia e comunque anche la conquista della libertà.
(La recensione del film "
Metro Manila" è di
Rosalinda Guadiano)
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