[
Malignant recensione] - Prendere l'idea alla base de La metà oscura e portarla alle estreme conseguenze, coniugarla con Jigsaw e il filone slasher in generale e condirla con qualche riferimento visuale da Darkman e Total recall. Così in sintesi, e con eccessiva smania catalografica, potremmo definire l'ultima, delirante fatica di James Wan, tra le cui molte qualità c'è sicuramente quella di avere coraggio. Perchè per fare Malignant ci vuole innanzitutto coraggio, perchè avere un'idea buona non basta, bisogna anche saperla concretizzare e concretizzare un'idea come qualla di Malignant significa fare i conti col baratro sempre lì a due passi, con il ridicolo costantemente dietro l'angolo, soprattutto se, come James Wan, decidi di andare fino in fondo e di mostrare tutto, alla luce del sole, senza tentennamenti o timori, appunto, di apparire ridicolo. Pericolo scampato perchè tra le varie qualità di James Wan c'è anche quella di saperci fare con la macchina da presa, c'è quella di saper girare scene action come pochi altri, c'è un fiuto innato nel gestire la suspance e c'è il saper scrivere un film horror, come Malignat appunto (ma anche come Saw del resto), dalla progressione costante e inesorabile, che avanza in un crescendo d'angoscia (è l'angoscia, più che la paura, il sentimento dominante) durante il quale il mistero continua a montare ma che, a differenza del 99% degli horror in circolazione, quando arriva al dunque ed è obbligato a svelare le carte, il mistero non si sgonfia come un pallone bucato ma al contrario ne esce ancor più valorizzato. Se l'horror contemporaneo appare spesso incongruo, pieno di buchi di sceneggiatura e contraddizioni, sconclusionato nel mescolare un po' a caso fisica e metafisica, sfera naturale e sfera sovrannaturale, il più delle volte semplici pretesti per giungere all'effetto splatter, Malignant, pur nella follia di una trama a dir poco aberrante, pur giocando su più livelli di finzione e realtà, regge bene anche da un punto di vista logico (unico neo, una conclusione troppo repentina). E a differenza di un Shyamalan, avvezzo a prendersi gioco dello spettatore barando con il linguaggio del cinema, Wan no, non ti frega, è onesto, ti dice tutto fin da subito, ti dà tutti gli elementi per poter decifrare la situazione, sei tu che non li cogli o cogli quelli sbagliati ("è tutto nella mia testa" dice lei all'inizio). Come l'enigmista, non racconta balle. E se nell'enigmista si limitava a piazzare solo alla fine il colpo di scena capace di ribaltarti dalla sedia, in Malignant di colpi di scena si permette di infilarne tre o quattro dietro fila, a cominciare da circa metà film. E come ci ha insegnato, da Saw a The conjuring passando per Insidious, non esiste horror senza un messaggio, non esiste horror senza un sostrato di umanità, così anche Malignant cela una morale positiva e consolatoria che lascia adito alla speranza. Il tutto senza presunzione ma permeato dal gusto pop dei b movie o dei serial tv di una volta, con i motivetti di musica elettronica in sottofondo e le scenografie posticce che fanno l'occhiolino al kitsch.
(La recensione del film "
Malignant" è di
Mirko Nottoli)
- Vai all'
archivio delle recensioni
- Lascia un commento, la critica o la tua recensione del film "
Malignant":