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Malcolm e Marie recensione] - Se c'è un aggettivo che ci viene in mente a proposito di "Malcolm & Marie" quell'aggettivo è "surciglioso". "Surciglioso" indica l'atteggiamento di chi, letteralmente, "alza il sopracciglio", di chi esibisce dunque alterigia, sussiego sdegnoso, plateale indice di dichiarata superiorità. In tal senso "surciglioso" può descrivere sia il film sia la reazione dello spettatore davanti al film stesso. Perchè una cosa "surcigliosa" provoca spesso reazioni "surcigliose". Surciglioso è il bianco e nero che fotografa con pretenziosità il film, surcigliosa è la casa che sembra costruita da Philip Johnson in cui si svolge la vicenda, surcigliosi sono i due protagonisti, giovani, belli e arroganti, surciglioso è lui che, tornato a casa a tarda notte dopo l'anteprima del suo primo film da regista, accende lo stereo e si mette a ballare da solo saltando sul davanzale della finestra, surciglioso è il loro lessico, spudoratamente ricercato e aulico, anche nel momento di maggiore alterazione emotiva non sbagliano mai una virgola, mai un balbettio, un'incertezza, parlano come se avessero ingoiato un vocabolario, anche quando sbraitano in preda alla rabbia; surcigliosa è l'idea del "kammerspiel", intellettuale e radical chic, insieme alle tre unità aristoteliche che lo sottendono, e surcigliosa è anche l'ottusa volontà di aderirvi ad ogni costo, anche quando questo presuppone forzare la sceneggiatura, ovvero quasi sempre perchè va bene l'unità di spazio e di tempo ma l'unità d'azione è difficile da mantenere per un'ora e mezza a patto di non andare incontro a qualche inverosimiglianza, tipo procrastinare un discorso che potrebbe già essere finito da un pezzo. Poi, però. Con l'andare del tempo, tocca ricredersi. O meglio, no. Semplicemente c'è chi surciglioso può permettersi di esserlo e chi no e "Malcolm & Marie" di Sam Levinson, figlio di Barry, può permetterselo. Merito innanzitutto dei due giovani protagonisti, John David Washington, figlio di Denzel, e Zendaya (nutrivamo forti perplessità su entrambi) che, impegnati in un dialogo ininterrotto di 110 minuti, rendono credibile ogni parola pronunciata; e merito soprattutto dello script, dello stesso Levinson, capace di dar vita ad un'escalation dialettica composta da una serie di assalti dove chi prima ha parlato poi ascolta e chi prima ha ascoltato poi parla, ad ogni giro sempre più violenta e crudele. Un botta e risposta continuo, una partita a scacchi dove gli apparenti scacchi matti vengono annientati progressivamente nei successivi livelli di tenore sempre più elevato, un gioco al massacro in cui trovano posto rancori sepolti e recriminazioni mai rimosse, gelosie e invidie indicibili, mal riposti sensi di superiorità di uno nei confronti dell'altro, egoismi infantili, sentimenti dai quali, nemmeno l'amore apparentemente più puro e disinteressato può dirsi esente. "Malcolm & Marie" si dimostra altresì intelligente e particolarmente acuto nella misura in cui rivela di sapere che il vero dramma, come disse qualcuno, è che tutti hanno sempre le loro buone ragioni, da cui discende, al di là della capacità argomentative che via via si svelano, al di là della capacità di persuasione di cui ognuno è dotato, che non esiste chi ha ragione e chi ha torto, anche se nel tragitto siamo stati pronti a schierarci alternatamente a favore di entrambi. Non esiste una sola verità, esistono le persone, con le loro incomprensioni e le loro debolezze, la loro buona o cattiva fede, i loro errori commessi a fin di bene, le loro buone azioni mal interpretate, le loro meschinità che si possono solo comprendere e perdonare in quanto condivise, se ne abbiamo la forza. "Malcolm & Marie" pur esibendo un contesto lontano ed elitario lo dice in modo tale che tutti possano identificarsi, e lo fa in maniera surcigliosa eppure esemplare.
(La recensione del film "
Malcolm e Marie" è di
Mirko Nottoli)
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