di R. Baldassarre
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Magic Island recensione] - Magic Island: isola magica, isola incantevole. Il titolo si riferisce alla Sicilia, luogo geografico di grande fascino, sia naturalisticamente e sia culturalmente. La seducente Trinacria, è stata spesse volte cullata e vezzeggiata con sospiri d'amore in differenti opere artistiche, che vanno dalla letteratura alle immagini cinematografiche. Ad esempio, rimanendo in ambito cinematografico, è sufficiente tornare con la memoria al 1995, e costatare che anche Giuseppe Tornatore, ambasciatore bertolucciano/viscontiano siculo, omaggia la sua terra con Lo schermo a tre punte, documentario di montaggio che assemblava diversi spezzoni di film che hanno come oggetto la Sicilia. Però così si divaga troppo nella recensione… Magic Island è un documentario di Marco Amenta, autore anch'esso di origini siciliane. Amenta nella sua carriera registica ha già messo al centro del suo obiettivo la sua terra natale, affrontandola e descrivendola nei suoi diversissimi aspetti, positivi e negativi. In questo suo lavoro di ricerca, di continuo reportage visivo e di tentativi analitici, Amenta ha anche utilizzato la fiction narrativa, di stampo televisivo, come ad esempio La siciliana ribelle, cercando sempre di "omaggiare" e portare "fuori" questa ribollente isola. Però Magic Island non è un documentario sulla Sicilia tutta, ma un focalizzarsi su Polizzi Generosa, paesello storico situato nell'entroterra della provincia di Palermo. L'avvicinamento a questo borgo, questa zoomata su questo "aspetto" geografico e sentimentale siciliano, avviene attraverso Andrea Schiavelli, figlio ormai orfano del noto caratterista italo-americano Vincent Schiavelli (Qualcuno volò sul nido del cuculo, Ghost). Il viaggio personale di Andrea, ragazzo dalle fattezze e dai modi americani, è un mezzo per vedere la Sicilia e i suoi etnici aspetti dall'esterno. Cioè, come viene recepita da una persona totalmente estranea, un luogo con i suoi ritmi. Da un lato c'è il percorso catartico di Andrea, che cerca di riallacciare post-mortem un rapporto conflittuale con il padre (che culmina nella scena del cimitero); dall'altro c'è la macchina da presa che seguendo lo sperduto e impaurito Andrea in questo "nuovo mondo", e che capta con l'obiettivo gli elementi folklorici dell'ambiente (Andrea e il cibo; Andrea e la socialità delle persone; Andrea e l'ambiente naturale). A questi elementi si somma lo spettro di Vincent Schiavelli, che (ri)compare attraverso alcune immagini di repertorio dei suoi film più noti, e con rare e vivide immagini di una rappresentazione teatrale regionale del Don Chisciotte. Brevissimi spezzoni che invogliano a vedere la performance totale di questa misconosciuta attuazione. Scavando nella filmografia dell'attore, si scopre che nel 2005 fu realizzato un breve documentario su questa "bizzarra" scelta di trasferirsi da Brooklyn a Polizzi (in pratica un'emigrazione al contrario). Il documentario in questione è Once Upon a Time in Polizzi di Camilla Overbye Roos (2005), in cui l'attore ci viene mostrato già integrato nella piccola società poliziana, e che dispensa pillole di storia di questa quieta cittadina. Un confronto tra le due pellicole andrebbe fatto, anche perché nel documentario del 2005, Schiavelli non accenna mai dell'esistenza del figlio. Magic Island si rivela un documentario personale (a uso curativo di Andrea Schiavelli) e umano, con al centro le relazioni tra persone opposte. Amenta riesce a far fluire la narrazione documentaristica, realizzando un Road Movie che a tratti sembra fiction, ma il tutto poi si attesta su unlavoro che poco apporta al mondo documentaristico.
(La recensione del film "
Magic Island" è di
Roberto Baldassarre)
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