[
Magic in the Moonlight recensione] - Scetticismo, magia, religione, scienza, amore e morte.
Questi gli ingredienti di "Magic in the Moonlight", l'ultima fatica di Woody Allen.
Il cineasta più nevrotico e intellettuale di Hollywood torna sul grande schermo con una commedia romantica dal sapore retrò. Ambientata nei ruggenti anni '20 tra Berlino e il sud della Francia, racconta l'incontro tra il famoso illusionista cinese Wei Ling Soo, sotto le cui mentite spoglie si cela l'inglese Stanley Crawford, uomo profondamente scettico e razionale, e la statunitense Sophie Backer, bella medium in grado di comunicare con l'aldilà e leggere nel pensiero, grazie ad alcune particolari vibrazioni mentali.
Stanley, spinto dall'amico d'infanzia e collega Howard Burke, si reca in incognito presso la tenuta dei Catledge, ricchissima famiglia inglese entusiasta dei poteri di Sophie, per smascherare quella che lui reputa una ciarlatana. Ma le cose si riveleranno molto più difficili del previsto. L'arrogante Crawford, infatti, inizierà a dubitare del suo raziocinio e dovrà fare i conti con l'unica magia della quale non riesce a decifrare il trucco perché va al di là di ogni logica: l'amore.
Allen affida rispettivamente a Colin Firth ed Emma Stone, con i quali non aveva mai collaborato prima, i ruoli da protagonisti e la scelta risulta azzeccata. Firth è perfetto nei panni di un irresistibile misantropo dal sarcasmo tagliente: cinico ed egocentrico, granitico nelle sue convinzioni, vive idolatrando Nietzsche e sfoggiando la sua superiorità intellettuale con i mal capitati che hanno la sfortuna di imbattersi in lui. La performance della Stone non è da meno: la star di "The Help" illumina lo schermo grazie alla sua carnagione candida e fisicità efebica esaltate dall'uso della luce dal direttore della fotografia. Il ricercato effetto radioso che ne scaturisce, unito alla presenza comica dell'attrice, conferisce al suo personaggio il giusto mix di grazia, brio e leggerezza. Caratteristiche che si sposano magnificamente con l'immagine di una giovane sensitiva estroversa e affascinante. E se l'improbabile coppia al centro del film cattura fin da subito l'attenzione dello spettatore, anche lo sfondo fa la sua parte: ville da sogno, auto decappottabili, feste e musica jazz, vestiti di seta, paillettes e piume di struzzo, cappellini a cloche, tazzine da tè e champagne, sono elementi che contribuiscono a creare un'atmosfera nostalgica.
La magia, amata dal regista sin dall'adolescenza, è un tema ricorrente nella sua filmografia. Prestigiatori, maghi, cartomanti e ipnotizzatori popolano le sue commedie agrodolci: da "La maledizione dello scorpione di giada" a "La rosa purpurea del Cairo" fino al recente "Midnight in Paris". Mai come in questo caso però magia e amore dialogano così intensamente, al punto che i loro confini si fanno sempre più incerti e sottili.
Allen confeziona un'opera sofisticata, pervasa da inquietudini e romanticismo, come la visione offerta dalla volta dell'osservatorio che aprendosi mostra il cielo stellato e l'universo in tutta la sua grandezza. Perché se si va oltre le citazioni colte e le battute irriverenti, segno ormai distintivo della poetica alleniana, ci si imbatte in un interrogativo che presuppone una scelta e che ci vede combattuti: meglio credere a ciò che appare impossibile per trovare conforto al dolore o negare ogni illusione per paura di rimanere delusi?
La 45esima pellicola di Allen, seppur non eccezionale, rimane godibilissima e si fa perdonare gli snodi a volte prevedibili con il ritmo dei dialoghi. L'unico tallone d'Achille è l'happy ending fin troppo scontato perché da una maestro come Allen ci si aspettava un finale più originale. Ciò non toglie che Allen, con tutte le sue nevrosi e le idiosincrasie, abbia ancora qualcosa da raccontare e i film siano di gran lunga la magia che gli riesce meglio.
(La recensione del film "
Magic in the Moonlight" è di
Sara Medi)
- Vai all'
archivio delle recensioni
- Lascia un commento, la critica o la tua recensione del film "
Magic in the Moonlight":