di D. Di Benedetti
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Lo Sciacallo recensione] - Lou Bloom (Jake Gyllenhall) è un ladruncolo da quattro soldi che vive di notte nella periferia di Los Angeles, arrangiandosi come può. Durante una delle sue notti di saccheggio, s'imbatte per caso in un grave incidente e fa la conoscenza di un cameraman, inviato sul posto da una TV locale. Da quel momento, Lou sembra aver trovato il lavoro della sua vita: decide così di acquistare una videocamera e una radio della polizia, iniziando a riprendere incidenti e casi di violenza, senza ottenere però grandi successi. Una notte, Lou raggiunge il luogo in cui è avvenuto un cruento omicidio prima di tutti, precedendo addirittura la polizia. Sarà questo l'inizio di un'ascesa professionale rapida e inarrestabile, ma anche la prova del suo spietato cinismo e della sua cieca voglia di successo.
Diretto dall'esordiente Dan Gilroy, fratello del più noto Tony (regista di "The Bourne Legacy"), "Nightcrawler – Lo sciacallo" vede protagonista uno spettacolare e magrissimo Jake Gyllenhaal (dimagrito di ben 10 kg) in odore di nomination. Il suo Lou è un ambiguo e inquietante personaggio dai tratti quasi animaleschi, un viscido serpente più che un affamato sciacallo in effetti, ammaliatore e fascinoso, dallo sguardo gelido e quasi assente. Le sue parole sembrano uscite da quei manuali di self-control e self-realisation tanto venduti negli USA, pronunciate con un tono così mellifluo tanto da nascondere un'insana voglia di successo e sopraffazione, sostenuta dalla totale assenza di ogni minima preoccupazione etica e morale. Inquieta ancor più la sua incredibile capacità di calcolo, tanto razionale da strutturare le sue relazioni e i rapporti umani e professionali esclusivamente sulla base del ritorno economico che queste possono apportargli. "Lo sciacallo" è certo una critica al sistema dei mass media, ormai vocati allo sconvolgimento emotivo degli spettatori attraverso l'utilizzo d'immagini sempre più cruente, sfruttando quel perverso attaccamento voyeuristico alla violenza che caratterizza lo spettatore odierno, e anche una critica ai ciechi inseguitori del puro profitto e del successo, capaci di sbarazzarsi con nonchalance di ogni dubbio morale o preoccupazione etica di sorta. Il film scorre rapido, costruito su una sceneggiatura solida e ben strutturata su un climax finale che sorprende e sconvolge. Il film lo regge tutto Jake Gyllenhaal, in una delle sue migliori performance (oltre a quelle di "Enemy" e "Prisoners" di Dennis Villeneuve). E nel suo spietato sciacallo che si nutre, assetato di sangue e successo, delle morti altrui, possiamo forse riconoscerci un po' tutti, immersi come siamo in un mondo (e, soprattutto, in una nazione) dove vince chi prima arriva e prima impara a sopraffare l'altro, calcolando chi usare e in che modo, annientando più o meno volontariamente quell'empatia che dovrebbe differenziare l'essere umano da qualsiasi altro animale da branco.
(La recensione del film "
Lo Sciacallo" è di
David Di Benedetti)
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