La recensione del film Letto numero 6

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LETTO NUMERO 6 - RECENSIONE

Letto numero 6 recensione
Recensione

di Ilaria Salvatori
[Letto numero 6 recensione] - Partendo da un'affermazione del regista e produttore statunitense Joe Dante, che ha sostenuto come dopo i film di Mario Bava, Antonio Margariti e Luciano Fulci, sia rimasto solo Dario Argento a proseguire la lunga tradizione del cinema horror italiano, si potrebbe azzardare una riflessione circa il ritorno in auge di questo genere che da anni fa saltare dalla paura intere generazioni di cinefili. E' il caso ad esempio dell'esordio alle regia di Milena Cocozza che, dopo una gavetta da aiuto regista per Claudio Cupellini e Manetti Bros. (produttori e sceneggiatori per l'occasione), ha presentato in anteprima mondiale al 37° Torino Film Festival, il film Letto n.6, apprezzabile tentativo di ritorno al genere che ha conosciuto la sua età d'oro nel secolo scorso. Inizialmente programmato nelle sale cinematografiche per l'estate 2020 è stato poi dirottato su Sky in seguito al prolungamento dell'emergenza sanitaria. La trama ruota attorno alla scelta della dottoressa Bianca Valentino di coprire i turni di notte in un ospedale pediatrico gestito dall'austero padre Severo dove, complice la sua condizione di forte empatia materna dovuta alla gravidanza che porta avanti, fa la conoscenza di un bambino piuttosto irrequieto a cui è stato assegnato il letto n.6. Tuttavia il buon approccio notturno avuto con il piccolo paziente, rivela inquietanti risvolti quando Bianca viene a conoscenza del fatto che, non solo il suo subentro è dovuto al suicidio della collega precedente, ma anche che il letto n.6 non è occupato da nessun degente. Creduta folle e in preda a un delirio senza precedenti, si farà forza con l'aiuto del portantino Francesco (l'ennesimo personaggio con la cadenza romana interpretato però da un convincente Andrea Lattanzi), per far luce su un antico mistero legato all'edificio. La sceneggiatura del film, che è stato girato in alcuni spazi dell'ex ospedale Forlanini di Roma, prevede che lo spettatore metta in dubbio da subito la sanità mentale del personaggio interpretato da Carolina Crescentini, o pensi che la stessa possa essere un fantasma, come pure tutto il resto del cast (come accadeva in The Others con Nicole Kidman), ma il suicidio iniziale della dottoressa che è chiamata a sostituire, non lascia tempo a ipotesi di nessun tipo e ci permette di entrare subito nell'atmosfera rarefatta del film che volutamente omaggia le sequenze splatter dei grandi maestri dell'horror. Quelle premesse che dall'inizio trovano un certo tipo di credibilità soprattutto nei dialoghi, risultano talvolta poco equilibrate nei silenzi dei campi lunghi - che denotano una certa predilezione della regista per l'estetica della messa in scena - sull'immenso corridoio dell'ospedale, da cui ci si aspetta che da un momento all'altro possa comparire qualcosa o qualcuno a giustificare tanta staticità. Così come a livello di trama, pecca un po' di coerenza il rapporto di fiducia tra Bianca e suo marito (un Pier Giorgio Bellocchio che non spicca purtroppo per la qualità recitativa in questo film) che vacilla nel momento in cui quest'ultimo viene messo a parte delle visioni che la moglie ha sul bambino del letto n.6 e preferisce credere a Padre Severo, volenteroso di mette a tacere tutto il più presto possibile. Anche se l'esordio della Cocozza non trova la sua massima espressione nella modalità con cui viene raccontata l'intera vicenda, sicuramente rappresenta un buon inizio per chi ancora non è un amante appassionato del genere horror e vuole imparare ad apprezzare futuri scenari più spaventosi, così come quella fetta di pubblico più avvezza ai thriller, sarà felice di constatare una convergenza armoniosa di elementi con il genere prediletto. Piccola chicca: la colonna sonora curata dal cantautore toscano Francesco Motta, davvero degna di merito. (La recensione del film "Letto numero 6" è di Ilaria Salvatori)
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