La recensione del film Lei

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LEI - RECENSIONE

Lei recensione
Recensione

di D. Di Benedetti
[Lei recensione] - Tra i corridoi affollati dell'Auditorium di Roma, in cui è stato presentato in concorso all'ottava edizione del Festival Internazionale del Film, non si parla d'altro: "Her" di Spike Jonze ("Essere John Malkovich", "Nel paese delle creature selvagge") è una delle migliori pellicole di questa edizione, nonché uno dei migliori film dell'anno. Dopo aver trattato il tema della coesistenza di uomini e robot nel corto "I'm Here", presentato al Sundance Film Festival nel 2010, Jonze torna con una storia ambientata in un futuro non troppo lontano, dove il tenero e un po' insicuro Theodore Twombly (interpretato da un magnifico Joaquin Phoenix), si guadagna da vivere scrivendo lettere personali e toccanti per conto di altre persone, in una città dove la tecnologia funziona ormai solo attraverso dita e comandi vocali. Theodore è da poco uscito da una lunga relazione con l'ex-fidanzata Catherine (Rooney Mara), che sta per concludersi con un divorzio, e vive ormai da solo dividendo la sua vita tra lavoro, qualche chiacchiera con gli amici e partite ai videogames. Un giorno, l'uomo decide di acquistare un sistema operativo, chiamato OS, che promette di essere a tutti gli effetti un'entità unica e intuitiva, in grado di capire tutte le esigenze del suo possessore. Appena avviato l'OS, Theodore fa la conoscenza di "Samantha", una brillante voce femminile (quella sensualissima di Scarlett Johansson nella versione originale) che dimostra di essere perspicace, sensibile e sorprendentemente spiritosa. Tra i due s'instaura presto un rapporto particolare, e man mano che le esigenze e i desideri dei due crescono con il passare del tempo, la loro amicizia matura fino a diventare un vero e proprio amore corrisposto. In un'epoca in cui il processo tecnologico ha generato un vero e proprio autismo relazionale a causa del quale ogni individuo riserva più tempo ad alienarsi dal mondo dietro schermi di computer e dispositivi mobili piuttosto che dedicarsi a vere relazioni umane, Jonze confeziona un film praticamente perfetto, toccante, geniale, mai eccessivo né melenso, un film che va ben oltre il rapporto tra l'uomo e la tecnologia. "Her" parla dell'amore e della vita, della scoperta di sé e dei propri desideri, della solitudine, dell'incertezza dell'esistenza. Una solitudine nascosta dietro i sorrisi sommessi del protagonista (in contrasto con le atmosfere calde e accoglienti dei luoghi in cui vive, con le melodie romantiche suonate alla chitarra in sottofondo e con i colori vivaci della fotografia), che scrive lettere d'amore per gli altri ma non trova l'amore per se stesso, che capisce alla perfezione i sentimenti di chi lo circonda senza riuscire a capire i propri. Theodore è solo, eppure trova nella voce di Samantha, nella sua schiettezza, la sua nuova ragione di vita, ma come tutte le storie d'amore, anche quella tra un uomo e un dispositivo elettronico intelligente in grado di evolversi e cambiare nel corso del tempo, rischia di logorarsi. Il film di Jonze allora, tra uno sferzante attacco di ironia e l'altro, diventa riflessione malinconica sulla condizione dell'uomo, alla perenne ricerca di qualcuno che possa completarlo, di qualcuno che con lui possa condividere, crescere, maturare ed evolversi seguendo un progetto che si spera sempre possa essere perfetto ma che, inevitabilmente, non lo sarà mai. Cambiano i tempi, la tecnologia si evolve, eppure l'amore sempre nasce, si espande, travolge, e inevitabilmente si estingue, in un circolo vizioso tracciato in un mondo dalle opportunità praticamente infinite, perché ogni uomo è un essere imperfetto, che rimarrà tale anche quando troverà nell'altro la propria completezza. "Her" è una lezione di cinema per tutti quei cineasti intrappolati nell'inutile retorica visiva fine a se stessa, convinti di parlare al cuore del proprio pubblico, ma in realtà lontani da qualsiasi forma di comunicazione emotiva. Ecco, finalmente, un film che, lontano da ogni forma di banalità, eccessiva laboriosità o logorrea, grazie alla grande sensibilità filmica del suo ideatore, è perfettamente consapevole di cosa raccontare (una storia che parla al cuore del pubblico), con chi raccontarlo (attori perfetti nei loro ruoli e grandi interpreti, anche quando sono solo voci) e in che modo raccontarlo (una sceneggiatura praticamente impeccabile). (La recensione del film "Lei" è di David Di Benedetti)
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